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Tecnico VS Politico… dalla palude…

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Rispettosa massaia della palude: “Tecnici o politici? Chi sono? Come si riconoscono? Esiste una chiave dicotomica, bianco o nero, e dove posso trovarla?

Da massaia rispettosa, non penso che la politica sia inutile, anzi. La politica è oggettivamente imprescindibile in quanto intrinseca alla gestione di una qualsiasi struttura organizzativa (più o meno complessa), diggiamo, dal fornaio in su. Per quanto riguarda la necessità di politici non posso che ancora essere d’accordo. Ma è la definizione in sé, pura, di homo politicus che crea dubbi e richiede attenta valutazione. Esempio, Monti è un tecnico? Ricoprendo la carica di Presidente del Consiglio ha assolto a cariche politiche, ergo, è anche un politico? O no? Ad oggi mi sembra che nell’accezione di politico rientrino persone che lo sono (in quanto deputati o senatori) e che di questo titolo si fregiano! Ma a ragione o meno? A mio avviso, molti di essi non hanno le competenze linguistiche, logiche e di merito neppure per fare il bidello o la bidella (con tutto il rispetto per il lavoro di bidello e delle persone che svolgono questo lavoro con passione!). Tali persone, ammesso che la mia osservazione sia vera, a cosa servono se non hanno capacità? Potrebbero essere persone che stanno nell’ombra e vengono impiegate, chi sa, per fare numero? Se concordi con me, quanti saranno secondo te, tra Camera e Senato? Poi ci sono quelli che vanno in Parlamento per battere cassa e piazzare amici e conoscenti, poi c’è chi ci va per salvarsi le chiappe… Ecco questi sarebbero politici, o no? Ma uno denunciato per vilipendio della bandiera ci terrà all’Italia? Costui è un politico? Forse non è giusto che lo sia, o no? Se è vero che i tecnici non hanno il polso del paese come invece lo avrebbero i politici, basta che i capi partito si facciano portavoce e “diffondano il verbo”, ma non mi è sembrato che nella vita di questo quasi ex governo non ci siano stati errori e retromarcie (dopo aver tastato il polso del paese…), anzi, mi pare che su questioni contestate gli errori siano stati ammessi e in breve tempo siano state effettuate le dovute modifiche. Penso dunque che negli ultimi 13 mesi i partiti e la politica abbiano segnato più di un punto a loro sfavore. Se i politici conoscevano il volere della gente, forse la gente si è spiegata male, o forse si pensava politicamente giusto arrivare a questo punto. Insomma, viva la politica con la P maiuscola!!!! Ho paura, però, che ormai la nostra debba andare a ripetizione dai tecnici, in primis, per il rispetto delle istituzioni. AAABBBCCC politici cercasi! Gradita fedina penale immacolata!  

P.S. Un appunto ai tecnici. Se servono  e se vengono chiamati a servire lo Stato, dovrebbero ricordarsi di interrompere la propria attività professionale, sai, il conflitto d’interessi… In linea di massima, comunque, se un politico è anche un tecnico non ci sputo sopra. Eviterei magari un politico se è tale per la sua capacità di chiacchierare o per capacità di “scegliersi le giuste frequentazioni” invece che per reali meriti. Certo, tutto ciò è vero, ammesso e non concesso che non sia stato eletto direttamente..”. 

Mezzuomo: “Rieccola la nostra massaia. Quanto dici è per larga parte condivisibile e, come al solito, le tue sono riflessioni profonde sulla filosofia, ma soprattutto la prassi della politica, che in democrazia si declina in rappresentanza da un lato e gestione della cosa pubblica dall’altro.

Vedi, quando dico che la politica dovrebbe riappropriarsi dei suoi compiti e che un governo nazionale dovrebbe essere espressione dei partiti (che si suppone siano voce del sentimento popolare!) lo dico perché credo, come penso anche te, che la sovranità debba essere del popolo. Certo, oggi più di ieri la gestione della res publica si è fatta complessa e “lontana” dalla cittadinanza che, certo, non ha le competenze e (forse) neppure l’interesse per preoccuparsi dei massimi sistemi e di come dovrebbero girare gli ingranaggi dello Stato. D’altronde, è un fatto che la complessità è per sua natura un fatto che dovrebbe essere affrontato con le giuste competenze ed è per questo che i politici, oggi, non campano senza tecnici, e la distanza tra le due figure si fa sempre più labile, al punto che risulta davvero difficile distinguerne i colori e le fattezze. Monti? Un tecnico, ma anche un politico o se preferisci un politico (è pure un senatore a vita!) tecnico, dato il suo CV e le sue competenze. Anche La Russa è un politico tecnico… Ops, mi viene da ridere! Un avvocato sì (che tra l’altro difende quel tal Sallusti…) che fa il politico. Tutto questo per dire che servono entrambi e sì, che probabilmente esiste un problema di conflitto d’interessi (conflitto di funzioni, attribuzioni, cariche, ecc.), cui i prossimi governi dovranno per forza mettere mano.

Alla fine, dunque, è meglio un politico che sia tecnico od un tecnico che si faccia politico? Meglio un uovo oggi o una gallina domani? Mi paiono domande al limite del paradosso del mentitore, ma se potessi sbilanciarmi, preferirei un tecnico che si fa politico, anche se impegnarsi a rappresentare un popolo non è cosa da poco. Il peso di un incarico può rendere il miglior tecnico il più fallace dei politici, ma in fondo nella vita di ciascuno c’è sempre una certa dose di rischio, o no?”

Voci dalla palude

PaludeRispettosa massaia della palude: “Da massaia vorrei capire se il piede me lo schiaccerà una bicicletta o un autoarticolato. Pur nell’ignoranza di molte questioni, vorrei avvicinarmi alla realtà delle cose ed alla responsabilità delle azioni. Il “cabarettista mancato della Concordia” (alias Silvio B.) il giorno 4 dicembre si è svegliato e ha detto: “L’Italia ha bisogno di me, che riempio i ristoranti”. Vorrei capire se fosse possibile stimare con un certo grado di oggettività quanto ci è costata l’uscita di quello di cui sopra, dell'”autore di Apicella”, del “costruttore di mausolei”. Questo chiedo.

Sul lato squisitamente politico, la cosa che mi fa rabbrividire è il giochetto che si reitera da troppi anni fatto di campagna elettorale permanente, di caccia agli scranni e di modifiche più o meno sistematiche di leggi per l’interesse di sparuti gruppi di persone e la sopravvivenza di imperi di privilegio coperti da nebbie fitte (e se fitte non sono, si abbuia tutto e si nega l’evidenza). Tutto questo fa PAURA. L’altra sera ho visto Ignazio a 8 e 1/2 che con tono di pomposo disprezzo asseriva come dei tecnici non possano fare cose che spettano solo ai politici perché: “Politici non ci si improvvisa”, eppure ce ne sarebbero di politici da eliminare (Scilipoti? ora pure Flavia Vento?)… Sono una tecnica, ed ignorante, ma mi piacerebbe sapere quali siano le capacità che dovrebbero avere questi politici e che non potrebbero avere i tecnici, cheneso, una Cancellieri o un Passera. In qualsiasi partito questi fossero, credo sarebbero da preferire a qualsiasi dei nostri politici. In fondo il gradimento di cui gode ancora Monti dopo i salassi e le bastonate che ci ha dato, ritengo che sia significativo.

Sarebbe l’ora che qualche politico si svegliasse perché novelle l’Italia forse non ne vuole più sentire. Nonostante il bombardamento mediatico degli ultimi anni, un po’ di cultura nel nostro paese è rimasta. Prendiamo una barca ed il suo comandante. Il comandante di una barca che sta su un fiume con un bicchiere di benzina che si trovasse sopra ad una cascata, sa per spirito di conservazione che se rallenta (nel breve periodo) risparmia carburante, ma sa anche che avvicinandosi pericolosamente alla cascata se non si spiccia ad arrivare a riva a fare rifornimento… presto non ci sarebbe più né lui né mozzi e neppure schiavi, ma solo cibo per pesci. Nel caso di un comandante sprovveduto che non chiedesse per tempo al motorista di calcolare l’autonomia (sperando che almeno questo ricopra il suo ruolo per merito!) per poter raggiungere la riva, l’unica salvezza sarebbe qualcuno dall’esterno. In un caso del genere, però, che posizione avremmo poi nel negoziato? Chi avesse tanto e potrebbe pagare bene, comanderebbe, gli altri – i salvati della barca alla deriva – sarebbero destinati all’obbedienza. Un comandante invece che proponesse una via razionale per uscire dal fiume, conoscendo i numeri veri, non avrebbe problemi a riportare la barca in salvo. Costui potrebbe riportare anche la gente alla politica, quella gente che ormai non vota e sta a casa perché è stanca di votare pure il meno peggio.

In tutto ciò un’enorme colpa è anche dell’informazione. Che sia pilotata da un disegno oscuro? Per fare la sua parte, avrebbe dovuto spingere la gente ad usare in primis il cervello. Non dico di restaurare il pensiero unico e di vietare l’opinione, ma tra questo e tollerare tutto ce ne passa. Io instaurerei un format per i dibattiti, per esempio. Tipo le primarie per intendersi, con tempi contingentati, ma con scossa elettrica finale nel caso di sforamento dei tempi o di innalzamento eccessivo del tono di voce oppure in caso di risposta fuori tema e contesto. Ecco, per esempio, i componenti dell’attuale governo io penso passerebbero indenni un format di questo tipo, magari ci sarebbe poco colore, ma rispetto a qualsiasi altro nostro politico non ci sarebbe storia. Ecco bisognerebbe ripartire da quanto di positivo ha portato questo governo sulla scena politica. Il decoro, il rispetto di programmi ed istituzioni, ecc. Se l’informazione fosse fatta di contenuti, di discussioni meno astiose ed in generale informasse davvero, il cittadino potrebbe farsi un’idea, e questo è banale. Sarebbe doveroso verso gli italiani ottenere un po’ di verità dai mezzi d’informazione, ed un format più vero potrebbe pure fare audience, se condotto come si deve. Si guardi al successo che i dibattiti dei candidati alle primarie del PD hanno ottenuto. 
Parliamo però pure un po’ del Nano. Io credo che questo sia tornato più per il Dl sull’incandidabilità che sul ritrovamento del vecchio nemico Bersani. Ghedini gli ha detto: “Silvio, ti devi parare il c**o!” Se avesse vinto Renzi penso che sarebbe tornato ugualmente, magari più avanti, ma lo avrebbe fatto comunque con un quadro legislativo mutato che non gli garantisce l’immunità a vita. Io penso che o Bersani e la sua truppa trovano da subito un’unità programmatica per un piano di uscita dal baratro (che sia o meno sulla linea di Monti) oppure siamo alle solite. C’è da riportare l’efficienza nella pubblica amministrazione, c’è da garantire e finanziare il merito con buona pace dei sindacati che devono mettersi al passo coi tempi e non garantire nello stesso modo uno che lavora bene e uno che lavora consapevolmente male. Ecco, questa è una prima questione da affrontare. Dai sindacalisti è gradita una risposta esaustiva e risolutoria. Ci vuole o no il pugno di ferro con chi va avanti senza far niente, o addirittura facendo lavorare il vicino di scrivania? Ci vuole o no la spranga con chi si inguatta dietro a coloro che si spaccano la schiena e magari prende più soldi di quel che merita? E al dirigente che ha permesso tutto questo? Niente neppure a lui?
Poi ci sarebbe da parlare di evasione, ma su quella c’è poco da ragionare. Processi per direttissima, niente più patteggiamenti, si paga e se non ci si fa a pagare si bloccano i beni rateizzando il dovuto al tasso d’inflazione. Punto. 
Alla fine, comunque il problema nodale è il futuro, o no? Ecco per noi i problemi del futuro sono energia, lavoro, giustizia, equità e demografia (nel senso dell’età media del paese). E allora, visto che lo sappiamo, che ci si dà una mossina? Snellire iter, procedure, cavilli e chi più ne ha più ne metta, mandare a casa un po’ d’avvocati e imporre tempi certi per i processi, ecc. Tutto finalizzato ad attrarre lo straniero che oggi ci sta lontano e non si fida di noi. Ci starebbe bene una patrimoniale ed il Dl sull’incandidabilità lo semplificherei, sai com’è, facciamo che eleggiamo solo incensurati, in fondo se vogliamo andare a lavorare oggi ci chiedono carichi pendenti e casellario giudiziale, perché i nostri politici dovrebbero esserne esenti?
Infine vorrei dire una parola anch’io su Bersani. Ad oggi, lo dò con probabilità del 40% come un moderno Caronte, non a causa del Vendola di turno, o di un Monti-bis… Io penso che gli italiani stiano già mettendo in conto di avere domani un 14 luglio come i cugini francesi… Questo penso”.
 

Mezzuomo: “Cara la mia massaia. In effetti l’Italia sembra proprio la palude in cui tu abiti. Tutto ciò che dici è per molti versi sacrosanto, ma mi permetto giusto di fare due appunti a quanto affermi.

La prima questione riguarda i tecnici VS i politici. Quel che possiamo salvare di questi 13 mesi di governo Monti credo sia il fatto che siamo stati guidati da un governo fatto da persone competenti, che sanno il fatto loro e che si sono rivelate persone perbene, almeno all’apparenza. Persone credibili che, per quanto costrette a svolgere un lavoro sporco, hanno ricevuto un sostanziale apprezzamento dalla popolazione. La dimostrazione di ciò, come tu giustamente dici, è il fatto che l’indice di gradimento di Monti è ancora decente, nonostante tutto. Quel che ci hanno dimostrato è sicuramente che la politica di oggi è per molti versi un affare per tecnici, a dispetto di quanto pensi il tuo amico Ignazio. Il limite però che io vedo almeno in questi tecnici è la totale mancanza di percezione della pancia del paese di quelli che sono stati e sono i suoi bisogni. Ecco, questo io credo è il limite del tecnico. Non ha il contatto con la gente che può avere un politico che, con la sua struttura capillare, può e deve ascoltare quel che il paese reale chiede. Per questo io penso sia necessaria la politica, per questo non auspico un Monti-bis e per questo penso che la politica in sé abbia ancora un significato. In un’Italia ed un mondo perfetto vorrei avere un primo ministro politico con almeno una metà del consiglio composto da ministri tecnici soprattutto in ministeri cardine quali l’economia, il lavoro, la giustizia e le attività produttive e ministri politici per quanto attiene gli interni, gli esteri e la difesa, tanto per dare un’idea. La guida però DEVE essere politica e DEVE prima di tutto essere in grado di ascoltare la gente.

La seconda questione riguarda il Nano e gli errori di questa fine legislatura da parte del PD e, secondo me, di Napolitano. Dopo lo sberleffo del PdL dell’altro giorno si doveva aprire la più classica delle crisi di governo. La questione dello spread è fuffa, aria fritta. Se anche non fosse successo niente di tutto quel che abbiamo visto, a marzo i mercati ci avrebbero impallinato ugualmente. Ormai s’è capito che ai mercati non piace la democrazia con tutte le sue lentezze e magagne e che preferisce di gran lunga un governo che agisca nelle tasche delle persone favorendo i grandi centri di potere e di finanza. Quel che faccio è prima di tutto un ragionamento logico: la maggioranza non c’è più ergo si procede alla crisi. I mercati ci avrebbero impallinato (come peraltro stanno già facendo) per un tempo relativamente breve, avremmo potuto caricare il PdL delle sue responsabilità oggettive dell’aver indotto questo stato di cose e saremmo partiti immediatamente con un brevissima campagna elettorale che ci avrebbe portato al più tardi a votare a febbraio. Perdere altro tempo lede la gente e politicamente Bersani ed il PD, perché, se ci hai fatto caso, le primarie son state cancellate già, il dominus della politica italiana (e dell’informazione che ne gravita intorno!) è tornato ad essere il Nano e ormai non si parla che di lui. E più spazio si dà al Nano e più lui si gonfia e fagocita tutto ciò che ha intorno.

Se vogliamo uscire dalla palude, e magari tu cara massaia potresti andare a cercarti una casa in un luogo un po’ meno umido, dobbiamo agire. La prassi è il motore di tutto, il tempo è prezioso ed il treno della novità, del progresso, del tentativo di cambiare le cose non aspetta. Una volta che è perso, è perso per sempre.

Bisogna fare presto. Vinceremo, su questo son sicuro. Il Nano è sconfitto, ma mi chiedo perché non siamo decisi? Perché non diamo il colpo di grazia a lui ed a tutti i berluscones? Che sia perché la politica italiana ha in sé un qualche spirito di autoconservazione? Se fosse così… Sì, spero proprio in una rivoluzione vera. Spero proprio di aprire la Terza Repubblica dopo aver assaltato Montecitorio e Palazzo Madama!”

Una prima valutazione di quel che è stato

12-11-24

Uomo: “Ed i pronostici si sono dunque avverati…Che ne dici di questo risultato? 

In fondo ce lo aspettavamo. 

Ti sottopongo però tre spunti di riflessione:1) Renzi che vince nei “suoi” territori…2) D’Alema e Bindi che si “riaffacciano”…3) Berlusconi che alla luce di questo risultato si ricandida (?)…”

Mezzuomo: “In effetti i pronostici si sono avverati, ma per pronunciarmi sul risultato ho bisogno di far passare un po’ di tempo. Ho paura che la fretta sia cattiva consigliera nel valutare a caldo uno dei passaggi che si rivelerà l’evento cardine della storia italiana del 2012. Sì, su questo mi sbilancio. Credo che quanto accaduto intorno a queste primarie rappresenti l’unica novità interessante di quest’anno. Parliamoci chiaro. Monti ha fatto il suo tempo ed è tutto sommato normale che, pur nella difficoltà, la politica riprenda pian piano il suo posto. Le primarie si son rivelate un buon inizio.

Visto però che lanci il sasso, anzi, i sassi, cominciamo col fare qualche ragionamento.
1) Renzi. Esce ridimensionato dal ballottaggio, ma questo era prevedibile. Era impensabile che raccogliesse voti nel bacino di Vendola, ma soprattutto era impensabile che potesse vincere laddove non potesse catalizzare nuovi elettori, dato che le regole prevedevano l’impossibilità di iscriversi, per così dire, “in corsa”. In effetti, esce ridimensionato proprio nelle regioni rosse… Ma avrebbe potuto essere diversamente? Non credo, in fondo se quelle regioni sono rosse ci sarà un motivo, o no? C’è però da riconoscere al sindaco che, e vengo a 2), in realtà potrebbe essere riuscito laddove nessuno era riuscito prima, ovvero mettere da parte definitivamente proprio D’Alema e la Bindi. Entrambi, infatti, “si riaffacciano”, è vero, ma escono con le ossa rotte dalla tenzone. Il loro ricomparire a vittoria (di Bersani) ottenuta, sa molto di “canto del cigno”. Il D’Alema calimero berlusconizzato, che si scaglia contro tutta la stampa rea di aver dato contro a Bersani, sventato il pericolo, pare non voler ricandidarsi e limitarsi a dare un contributo dall’esterno… Beh, lo vedo molto più probabilmente a veleggiare nel Mediterraneo sulla sua barca a godersi la lauta pensione piuttosto che partecipare attivamente dall’esterno. No, non credo che Baffino accetterebbe un ruolo del genere. La Bindi? Dopo lo sproloquio di domenica scorsa, si è data una regolata. Non farà l’auspicato passo indietro, ma prevedo per lei uno scranno moooolto appartato in Parlamento. Ormai è sotto gli occhi di tutti. La signor(in)a from Sinalunga ormai appartiene alla sagra degli impresentabili.
Dunque, 1) + 2), siamo al punto più importante. Secondo me, Renzi DEVE mantenere quanto affermato. Deve restare leale al PD e non smettere di pungolarlo, anzi, deve impegnarsi, questa volta dall’interno – un bagno di sana umiltà gli fa altro bene in effetti! – a portare avanti la ventata di novità nei tempi, nei modi, nei ritmi e nei programmi che porta con sé. Se rompe col PD, a questo giro, il bipolarismo in Italia muore, a meno di non inventarsi una legge elettorale totalmente maggioritaria, cosa molto lontana da venire in quest’Italia di campanili e piccol(issim)e rendite di posizione.
Infine Berlusconi. E 3). Lo (Psico)Nano. Ah, gode come un riccio! Scusa la finezza. Con Renzi non ci sarebbe stata partita, e quel vecchio marpione lo sapeva. Con Bersani è convinto di giocarsela, per cui, pare oggi voglia tornare in campo. E con quest’ultima uscita siamo 4 – 4 (su Twitter si è formato un gruppo di persone che sta cercando di tenere il punteggio della partita “Mi candido” VS “Non mi candido”).. Chi vincerà? Vuoi provare a scommettere sul risultato esatto?
Se ti ricordi, in tempi non sospetti, davanti al solito crostino di fegatini ed ai tortellini panna e prosciutto, pronosticai che Silvio era finito. Lo confermo. Per me Silvio è finito. Qualcosa in fondo credo abbia insegnato un anno di lacrime e sangue come quello di Monti. Ha fatto capire agli italiani che il paese in cui vivono non ha i ristoranti pieni!”

Dialoghi molto attuali… L’ILVA e la politica industriale italiana

Uomo: “Pensavo oggi alla questione ILVA. Che poi, parliamoci chiaro, la questione occupazionale dovrà assolutamente essere il centro di ogni intervento politico dell’immediato futuro. Detto ciò, la questione ILVA mi pare riassuma emblematicamente i paradossi di certa industria italiana. 
Ma il dramma è la scelta esistenziale tra il lavoro e la salute: il dramma è che oggi, nel 2012, debba darsi il caso che il futuro di una industria di queste dimensioni sia racchiuso in una scelta dicotomica del tipo bianco/nero. Qui si racchiude tutto il fallimento della gestione sia politica istituzionale che politica industriale. e come al solito a pagare saranno i poveri cristi che forse andranno in cassa integrazione. Sarebbe fuori luogo secondo te un intervento statale pesante? Se il capitolo delle liberalizzazioni è in effetti un capitolo di fallimenti, perchè lo stato non potrebbe riprendersi settori strategici dell’industria? Certo non secondo modelli sovietici, ma secondo modelli di partecipazione indiretta, dove però la salvaguardia della salute e del diritto al lavoro ritornano centrali. Chissà..”

ilva-tarantoMezzuomo: “ILVA. Che situazione! Come giustamente dici te, è uno dei tanti fallimenti della politica e dell’imprenditoria italiana. Il solito intreccio di poteri che ha fatto mangiare tante bocche a Roma, in regione Puglia, nella provincia e nel comune di Taranto, salvo poi affamare e ancor peggio ammalare la povera gente. Il problema è gravissimo altro che grave. L’ILVA rappresenta il 55% del PIL della Puglia, se non ricordo male, è di gran lunga il primo produttore di acciaio d’Italia e dà lavoro tra diretto ed indiretto a qualcosa come 30.000 persone. Questi i numeri della produzione, ma che dire del problema sanitario? C***o. Lì la gente muore per davvero e con incidenze di mortalità da paura, paragonabili forse solo al macello del fu Eternit di Casale Monferrato. Ecco, cercando di lasciare un attimo da parte la questione socio-politica e guardando ai numeri, mi ricordo una discussione con ****** che una volta mi fece entrare in una riflessione riguardo alla stima dei costi degli eventi estremi (dei Cigni Neri, tipo le catastrofi, ecc.). In effetti non esistono modelli chiari per capire quanto effettivamente costi alla collettività una concentrazione di morti e/o da malattie indotte da eventi estremi e/o dalla scelerata attività umana, tipo il terremoto dell’Aquila o l’ILVA, appunto, a Taranto. Il problema si aggrava poi se andiamo a vedere anche i costi sociali di una chiusura di un impianto come l’ILVA. Si tratta di una polveriera sociale e non c’è economista al mondo, di qualsiasi credo sia, che non dica che il disagio sociale è il problema economico più difficile da gestire. Solo la guerra può essere paragonabile ad una situazione come la disoccupazione dilagante e la tensione, che ovviamente si manifesterà nel caso di una chiusura (come quella che appare dietro l’angolo)! Quindi? Come uscirne? La ricetta c’è. Peccato che non sia quella del pensiero dominante oggi in Europa. Questa ricetta è quella di Keynes e Roosevelt e che oggi è impersonata dagli economisti “di mare” che hanno come capofila Krugman, che si contrappongono strenuamente agli economisti del pensiero dominante, gli economisti “d’acqua dolce” (tra l’altro se hai voglia ti consiglio di leggere un libello molto carino proprio del Nobel Krugman – “Fuori da questa crisi adesso”). In situazioni di crisi come questa bisogna sostenere la domanda aggregata con la Mano Pubblica. C’è poco da fare. Se ho disoccupazione dilagante, la gente non spende e la domanda muore… E la domanda non si rilancia con l’austerity, ma solo facendo spendere chi può spendere, ovvero gli Stati. La questione del debito è un problema relativo nella misura in cui il debito è sempre il credito di qualcun’altro… Per cui… Una situazione come l’ILVA potrebbe essere affrontata solo sospendendo il patto di stabilità e con lo Stato che s’impegnasse a garantire la produzione prima, la riconversione e la bonifica poi. Punto. E la cosa che mi fa incazzare è che sotto al tavolo questi “maneggi” per le banche già si fanno. Guarda il MPS oggi in Italia, Dresdner e Commerzbank ieri in Germania, Dexia in Belgio e tutte le banche spagnole. Sai qual è il problema? Io credo che nessuno abbia il cuore di stappare il vaso di tutto quello che c’è a Taranto perché nessuno sa cosa ci sia davvero e nessuno vuole trovarsi con la patata bollente in mano. Ed in tutto ciò, l’Europa da parte sua non intende ulteriormente sporcarsi le mani perché dal suo punto di vista sta versando fiumi di denaro da decenni al Sud-Italia tramite i famosi fondi per la coesione sociale, che regolarmente si perdono nella corruzione, nelle mafie, ecc. E d’altra parte la politica italiana oggi più di ieri è il nulla assoluto. Ed eccoci qua. Bersani. Sì, proprio lui. A marzo, appena un minuto dopo l’elezione deve avere le palle e fare il politico vero. Deve salvare Taranto. Punto. Questi tecnici prenderanno tempo e non decideranno nulla perché non credono veramente che lo Stato debba intervenire massicciamente a Taranto, al di là di tutti i buoni propositi di Rigor Montis…. C’è poco da dire ancora: Monti, ecc. sono parte della corrente degli economisti “di acqua dolce”… E quindi… Punto.

Dialoghi molto attuali… Un punto sulle primarie ante-ballottaggio

Un nuovo format, uno scambio di battute molto attuale con un caro amico.

Uomo: “Hai visto il tuo povero amico “Tabaccio” ha preso l’uno per cento!? L’ha votato solo ******, è sicuro. Comunque Renzi avanza come un carro armato. C’è pericolo”.

il-confronto-finale-tra-bersani-e-renzi-in-pr-L-tSo1clMezzuomo: ” ******. Unico come sempre! Allora, la questione Renzi è storica. Credo che sia un pungolo necessario per una classe dirigente PD ormai cristallizzata che ormai non era altro che la riproposizione con colori “smunti” dei partiti  del centro sinistra della Prima Repubblica. Certo, quel gallettino del Valdarno ancora non ha masticato nulla della politica fatta nei palazzi romani e potrebbe scottarsi presto. È un provincialotto montato e non è facile comandare tra lobby, privilegi & co. Comunque resto convinto che domenica Bersani vinca a mani tutto sommato basse e la questione Big Bang Renzi ricomparirà al momento della costruzione delle liste per il 2013…”.

Uomo: “Penso anche io che la questione Renzi sia stata tutto sommato una questione di stimolo provocatorio al rinnovamento, ma ovviamente la gente penso si sia accorta che il Renzi manchi di tutta l’esperienza e la “presentabilità” per potersi affacciare a Roma e soprattutto in Europa. Certo è che i suoi voti li metto insieme a quelli di Grillo: nel senso che bisogna veramente che i partiti ascoltino questo malcontento generale, questa antipolitica che dilaga”.

Mezzuomo: “Il problema di fondo è proprio quello! In Italia la gente si fa abbindolare da chi parla bene, si presenta come messia ed innovatore, ma poi in fondo razzola male. Renzi diventerà un grande leader nel momento in cui si renderà conto che i partiti a qualcosa servono e che i movimenti son poca cosa se non strutturati. Con il 2013 si potrebbe aprire anche la Terza Repubblica, ma solo se e solo se si comincerà a restituire credibilità alla politica, quella vera, che è prassi e gestione della res publica in un’ottica di bene comune. Bersani è uomo perbene, ma è troppo legato a modelli e figure dal passato poco edificante. D’altra parte di Renzi non si sa quanto ci sia di vero e quanto di montato. Ho quindi una paura matta che perderemo un’altra occasione! Si cambierà per non cambiare… A meno che non ci sia qualcuno che da fuori ci imponga di cambiare, ma viste le condizioni dell’UE di oggi, non sono così ottimista”.

Uomo: “Il fatto è che con una destra in queste condizioni, dilaniata da vent’anni di monocrazia berlusconiana, vincere sarebbe obbligatorio. Eppure anche io ho un po’ la tua paura, quella di perdere per l’ennesima volta la grande occasione. Maremma diavola, ma è possibile dare un voto ad un comico ciarlatano? Ma la politica, con tutte le sue storture e schifezze, sarà ancora qualcosa d’altro da slogan, battute o semplicemente anti-politica, spero. Quelli di Renzi mi sembrano solo grandi flash ad effetto, adatti ad abbagliare, ma quasi privi di contenuti. Mi pare anche nauseabondo il suo continuo parlare di rottamazione, parola che trovo anche offensiva e sgradevole. Il fatto è che venti anni di vuoto politico hanno il loro peso, e ci vorranno anni per recuperare quel senso civico che un’intera nazione ha perso. Credo davvero che solo in prospettiva storica riusciremo a renderci conto del disastro che sono stati questi venti anni di dittatura soft”.

Mezzuomo: “Come al solito, le valutazioni si faranno dopo che le schede, quelle di marzo 2013, saranno conteggiate, ma qualcosa credo si possa già dire:

1) La questione dell’occasione.

Oggi come in pochi altri momenti dei 70 anni di storia della Repubblica è il caso di cambiare. Questa poi è la vera occasione per chi si senta progressista. Cambiare è obbligo per cui c’è da cogliere la palla al balzo.
2) La questione del rifiuto della politica.
Si, più che antipolitica in Italia abbiamo il rifiuto della politica. Non siamo come gli americani o gli inglesi che semplicemente non si pongono neppure il problema di andare a votare. Noi abbiamo una tradizione più verace, più emozionale forse della politica. Siamo come i francesi, in generale siamo più continentali che anglofoni nel concepire il diritto/dovere del voto. L’antipolitica in Italia è un frutto (marcio) della Seconda Repubblica e così com’è stata creata solo una nuova (e Terza) Repubblica penso possa riportare quel minino di dignità alla politica da consentire lo sgonfiamento di bubboni come quelli di Grillo, che rappresenta una delle forme di populismo più becere del panorama politico europeo.
3) La questione Renzi.
Sinceramente ancora non riesco a dare un giudizio complessivo di questo personaggio. Provo a spiegarmi. Credo che si debba distinguere la sua figura da quelli che sono emersi come capisaldi del suo programma. Ora, io credo che per quanto riguarda il primo punto il buon Renzi from Incisa sia quanto di più spregevole si possa pensare. A me non piace come si presenta, non piace come si atteggia, non piace l’one man show, non piace l’idea del commander in chief, ecc., ma soprattutto, da ex-uomo di partito, non posso sopportare il modo con cui si relaziona con il PD che, fino a prova contraria, è ancora il suo partito. Per quanto riguarda il programma… Ca**o, se riesci a togliere le suppellettili, le battute ad effetto e la forma, ca**o… ripeto… Ha contenuti veri, interessanti e per molti versi più progressisti di Bersani il quale, secondo me, ha un programma che, al solito, non è né carne né pesce e alla fine si rivela la riproposizione del Prodi-bis… Peccato sia passato un quinquennio e il mondo intorno intanto si sia ribaltato… Eppure quell’ex-ciellino, cattolichino, destrorso di Renzi ha un programma che mi fa una gola pazzesca. Credo che sia ben poca la farina del suo sacco, ma gli va dato atto di essere riuscito a catalizzare proposte incredibilmente moderne e concrete. Alcuni esempi:
  • Il tentativo di reindirizzare le risorse europee che si perdono nei meandri della spesa corrente delle amministrazioni per liberare risorse per lo sviluppo (a onor del vero, va detto che questo punto è interessante se e solo se il budget 2014 – 2018 dell’UE viene approvato per quanto riguarda il piano di aiuti alla coesione per le aree depresse e che non sia troppo penalizzante per l’Italia).
  • La revisione della contrattazione collettiva nazionale (proposta da Ichino per la verità). Questa sì che è tanta roba. Proposta che appare anti-sindacale, ma che nei fatti è l’unico tentativo concreto di riportare il merito e la produttività in un mercato del lavoro asfittico come quello italiano.
  • Il riconoscimento del problema del digital divide e del Web come motore di crescita.
Ora, tornando a quanto di cui sopra.
Sia 1) che 2) che 3) sono tutte e solo eredità di un ventennio scelerato e su questo non ci piove, ma ti faccio un pronostico (sperando di essere smentito per quanto c’è di negativo nella mia “predizione”): Il berlusconismo non si cancellerà col 2013 e neppure al giro successivo, ma a marzo prossimo vincerà Bersani (che ovviamente a quel punto avrà vinto le primarie), per quanto non credo riuscirà a governare per 5 anni. Monti sarà presidente della Repubblica, il buon Renzi romperà col PD e nel giro di una legislatura o poco più non riuscirà a campare a meno che non riesca lui stesso a costruire il nuovo centro, una neonata Balena Bianca (o Celestina…), altro che Italia dei Carini.
Gli italiani resteranno i soliti, solo più poveri di prima, e saranno costretti, al solito, a farsi guidare dall’esterno com’è già successo dopo la Seconda Guerra Mondiale e non più tardi dell’anno scorso. Questo è solo il mio punto di vista, ma la vedo così.
P.S. Nonostante tutto ciò, io non so ancora chi votare domenica, porca m***a. Te lo giuro. Da una parte Renzi mi fa incazzare e dall’altra Bersani lo ritengo un uomo onesto, semplice e tutto sommato sincero, solo accerchiato da soloni in un partito che non ha capito dove ca**o andare e come parlare a quella fettona di italiani che provano ribrezzo per le storture e le ruberie di questa politica.
Ecco, mi servirebbe una via di mezzo tra i due, ma è un ballottaggio e per questo la scelta è dura.
Boh, alla fine domenica mattina mi presenterò a votare alla Fogliaia con una monetina in mano. Testa o croce?

Uomo: “Non sei a guardare il super confronto televisivo Bersani-Renzi?! Come ci siamo americanizzati! Però mi pare che un risultato queste primarie lo abbiano già raggiunto: c’è un gran fermento, noto un rinnovato interesse per questo tema. mi sembra che sia una bella “prima volta” per il panorama politico italiano. magari aprirà la strada anche per imitazioni, speriamo. Comprendo i tuoi dubbi tra i due modelli e in fondo penso sia proprio una scelta tra due modelli di politica profondamente diversi. Uno “antico”, se così si può dire, seppure con tutte le innovazioni e i rimaneggiamenti più o meno di facciata; l’altro è il modello “nuovo”, che prende il bello della giovane età, dell’uomo senza giacca, ma ha anche tanti stereotipi del peggiore berlusconismo che si è visto negli ultimi anni. Vincerà Bersani, sicuramente. ma sarà nuovamente cosa dura trovare una compagine per poter vincere le elezioni e poi eventualmente creare un governo credibile e presentabile a livello internazionale”.

Mezzuomo: “No, il superconfronto non l’ho visto. Sono già abbastanza confuso di mio. Come ti ho detto, per la prima volta da quando ho facoltà di votare, sono in difficoltà per cui ho bisogno di rimettere insieme un po’ le idee. In effetti mai, credo, nella storia della Repubblica si è vista una tale attenzione per il centro-sx, ovvio, che tutto è dovuto all’incosistenza della controparte, che ora più di prima è proprio sparita. Come dicevamo qualche mese fa, morto Silvio… Morto il centro-dx. Sì, apprezzo il confronto, preferirei un modello più tipo tribuna politica anni 80, ma d’altronde viviamo nell’epoca di Twitter (che peraltro si presta in modo incredibile alla velocità di questi tempi), ma comunque tutto ciò che è nuovo nel conservatorismo della televisione italiana è altro che positivo. E sì, ti do ragione nella questione dei modelli. Bersani si fida ancora del modello basato su un partito strutturato, come voleva D’Alema. Un modello che ha le sue liturgie e si basa su poteri più maneggioni e meno evidenti se vogliamo. Renzi è il modello anglosassone che avanza, con tutti i limiti ovviamente. È espressione del partito leggero, liquido di veltroniana memoria, e credo precorra i tempi di quel che saranno le istituzioni politiche italiane del futuro. Non so se questo modello si attagli all’Italia, ma è un fatto che in un momento di spaesamento generale come questo, dopo vent’anni di berlusconismo, è un modello potenzialmente vincente, ci piaccia o meno. Sul vincere alla fine vinceremo comunque. Non c’è partita. Comandare poi per 5 anni sarà altra roba, ma tutto questo parlare di PD non fa altro che bene a questo partito e alle possibilità di riuscita. Sul discorso poi della credibilità internazionale credo che sia tutto relativo. Alla fine comandano gli “sghèi” e se tu crei sviluppo e affari, piaci anche se sei uno sputo a livello internazionale. Il mondo è cinico e guidato dalla legge naturale del più forte. L’importante comunque sarà rendersi conto che le ricette dell’austerità e della scuola di Chicago insieme sono esplosive… Guardiamo in che condizioni è la Grecia e soprattutto l’Argentina… Speriamo ci passi la voglia di credere che si possa creare ricchezza senza produrre o semplicemente per mano divina. Vacca boia!” 

Il giorno dopo della… “singolar tenzone”

Eccomi il giorno successivo al confronto tra i 5 candidati alle primarie del Centro-Sinistra a cercare di fare un punto della situazione.

Un duello, o meglio uno scontro tra 5 contendenti, una royal rumble all’acqua di rose insomma.

Veniamo al dunque. Diciamo due parole su quello che è stato un unicum nella storia almeno recente della politica italiana. Dovremmo perderci in una miriade di valutazione preliminari riguardo al metodo, alla dinamica, alla statistica, e a tutto quel che volete per dire qualcosa di preciso su quanto abbiamo visto ieri sera, ma preferisco dare giusto pochi spunti di riflessione. Perché? Presto detto. Alla fine dei salmi ciascuno di noi, che andrà a votare tra una decina di giorni alle primarie del Centro-Sinistra, metterà semplicemente una croce su un nome, mosso da un mix di pancia e razionalità, per cui credo sia giusto lasciare agli analisti lo sviluppo di un’interpretazione profonda di quel che è stato il confronto di ieri sera.

Una sola premessa credo sia doverosa. Per quanto apprezzabile lo sforzo di Sky di incalzare a raffica i contendenti, credo che i tempi di risposta fossero oggettivamente stretti e possano aver impedito, in vario modo a ciascuno dei candidati, di esprimersi concretamente sul proprio programma (e pensiero). Un minuto e mezzo a risposta su questioni che riguardano il (potenziale) governo futuro di un paese come l’Italia sanno davvero di pistola alla tempia e impongono risposte spesso troppo poco attendibili.

Detto questo, veniamo ad una sintesi candidato per candidato.

Bersani. Convincente, deciso, chiaro e sicuro di sé. Unica pecca l’espressività. Ho avuto l’impressione che non avesse alcuna voglia di trovarsi in quella situazione, di essere incalzato in quel modo e di essere trattato “come” gli altri. Che il favorito abbia peccato di superbia?

Renzi. Discreto, ma non così convincente. Che sia arrivato alla tenzone col fiato un po’ corto? Le risposte, per quanto accettabili, sono sembrate troppo spesso “imbeccate”. Ha mostrato una buona sicurezza per quanto abbia dato l’impressione di essere come quegli studenti universitari (secchioni!) che si preparano in modo maniacale le risposte senza però avere una totale padronanza dell’argomento che trattano. Insomma, il voto sarebbe stato un buon 28, ma siamo sicuri che all’atto pratico sarebbe in grado di ottenere un analogo risultato?

Vendola. Discreto, ma lagnoso e poco “avvenente”. Il suo elettorato ce l’ha, perché non provare a convincere anche qualcuno che non la pensa esattamente come lui? Mi è parso spesso stucchevole nel ribadire fino allo spasmo quelli che ritiene essere contenuti fondanti il suo modo di intendere la politica di governo di domani. L’avversione per il fiscal compact e l’ossessione per la parità di genere, per quanto questioni che meritano una sacrosanta attenzione, non sono tutto, io credo.

Puppato. Tranquilla, sicura (quasi) sempre, ma poco efficace nella comunicazione verso coloro che non sono esattamente “avvezzi” alla politica. Apprezzabile lo sforzo di confrontarsi contro i “mostri sacri” di cui sopra (in termini di seguito e visibilità), ma debole nel catalizzare l’attenzione di quelle donne che potrebbero essere forse l’arma in più per la sua campagna.

Tabacci. Piacevole sorpresa. Si badi bene, nutro le mie remore nei confronti di uno che ha cambiato molte casacche pur restando nel solco della vecchia Balena Bianca, ma va dato atto al politico di lungo corso di essersi presentato in modo sicuro, deciso e forse – comunicativamente parlando – vincente. Certo, parte con handicap, ma può dire la sua e portare contributi pragmatici ed interessanti ai programmi spesso troppo fumosi dei suoi avversari.

Insomma. Ma chi ha vinto? Bah, io credo che l’unico soggetto ad aver davvero vinto sia stato il Centro-Sinistra. Perde un po’ di smalto forse il PD in quanto tale, dato che su molte questioni i candidati sono sembrati appartenere ciascuno ad un partito d’ispirazione diversa. Vero è che il pensiero unico è poco interessante, ma non sarà forse che nel PD ci siano tanti pensieri quante sono le tessere di partito?

Certo, per converso, provate ad immaginarvi quello che potrebbe essere un confronto cui abbiamo assistito ieri tra i candidati alle primarie che escono dalle macerie dell’altro schieramento. Wow! Sarebbe difficile per Sky anche solo trovare le domande, figuratevi che cosa potrebbero essere le risposte!

Ho sempre più l’impressione che il solo sfidante del Centro-Sinistra nel 2013 sarà un certo Beppe Grillo. Uff…

Se mi chiedete un personale giudizio sulla sola performance di ieri sera, io dico in ordine: Bersani – Renzi – Tabacci – Puppato – Vendola. Attenzione però perché non sono affatto convinto che questi siano i veri valori in campo.

Ne vedremo delle belle dunque tra due domeniche. Chi vivrà… vedrà!

Due, tre, quattro… Enne pesi per enne misure

 

Avrei potuto intitolare quest’articolo molto più semplicemente Tobin Tax, ma sarebbe stato troppo semplice.

Penserete di aver capito di cosa parliamo, ma vi sbagliate.

La questione Tobin Tax è solo il pretesto per riflettere sulla pochezza dell’Europa e della sua unione politica.

Vediamo di chiarirci. La Tobin Tax, appunto, è una tassa sulle transazioni finanziarie di cui si parla da decenni. Viene proposta dal premio Nobel James Tobin al fine di disincentivare la speculazione e raccogliere proventi da destinare all’aiuto allo sviluppo.

In effetti si tratta, secondo il mio modestissimo parere, di una delle poche tasse sacrosante. Il principio su cui si basa è ineccepibile: si tassano gli speculatori (che in genere sono pure ricchi) in modo da abbattere la volatilità dei mercati spingendo così ad entrare sul mercato al fine di investire e non per creare/distruggere valore sul nulla.

Se le cose stessero così, non dovremmo neppure ragionare della tassa di Tobin. Dovremmo applicarla e basta. Ovviamente, però, nell’Italia (e nell’Europa) di oggi si è perso ogni contatto con la realtà e si riesce a rendere sbagliata anche una tassa che dovrebbe apparire indiscutibile.

Il problema che emerge in modo lampante in questi giorni è duplice. Da un lato nel contenuto la Tobin Tax delineata dal Governo Monti è un abominio da ogni punto di vista, dall’altro, la direttiva sulla Tobin Tax approvata da soli 10 su 27 paesi in Europa è un abominio prima di tutto politico e porterà con sé probabilmente problemi economici non indifferenti, quantificati in almeno un mezzo punto di PIL a livello europeo.

Andiamo con ordine. Il primo punto. La Tobin proposta da Monti fa obiettivamente schifo, scusate la finezza, è iniqua in quanto colpisce tutte le transazioni, grandi e piccole, con la stessa aliquota ed economicamente perdente in quanto, favorendo una diminuzione forte dei volumi e della liquidità sul mercato, porterà forti scostamenti dei prezzi e scambi modestissimi, cosicché la nostra borsetta potrà diventare terra di conquista per molti stranieri che, peraltro, la tassa non la pagheranno in quanto domiciliati fiscalmente fuori dai nostri confini. Altro problema riguarda la fuga di società finanziarie italiane (e con loro fatturato e soldini) dall’Italia che avranno importanti vantaggi nel mettere radici in ogni altro paese accanto a noi che non contempli la Tobin. Infine, ultimo, ma non ultimo, non colpirà assolutamente coloro che, ad oggi, sono i veri predoni dei mercati ovvero quelle società di HFT (High Frequency Trading) che operano sul book di negoziazione inserendo e togliendo a velocità astrali ordini di acquisto/vendita eseguendone solo una minima parte (ecco perché sarebbe stato meglio ascoltare quelli che di mercati se ne intendono e spingono per una tassa da applicare agli ordini “ineseguiti”…).

Il secondo punto. Vogliamo o non vogliamo diventare gli “Stati Uniti d’Europa”? Ecco, questo è il nodo cruciale, l’argomento della discussione. L’indecisione nell’applicazione di questa tassa a livello europeo rischia di diventare l’ennesima dimostrazione che non siamo un entità politica unitaria. Il dissenso è legittimo, per carità, ma se in sede europea una direttiva passa a maggioranza, non ci possono essere distinguo da alcun paese facente parte dell’Unione quand’anche questi fosse contrario. O si applica tutti, oppure non l’applica nessuno. Il motivo è semplice. I paesi che l’applicheranno saranno evidentemente svantaggiati nell’attrarre capitali e la loro bilancia commerciale non potrà che risentirne. E questo è un fatto.

Siamo alle solite, se vogliamo il bene di questo piccolo angolo di mondo, dobbiamo scardinare quel vecchio e trito modo di fare politica basato su campanilismi, ripicche. Enne pesi per enne misure, insomma. Se non riusciamo a farlo, allora bisognerà che ciascuno di noi pensi a son propre jardin restando tutti amici (o nemici) come prima accentando il fallimento dell’unico vero esperimento di democrazia internazionale dal dopoguerra ad oggi.

Buon lavoro, Walter

Oggi Veltroni ha annunciato che non si ricandiderà in quelle che saranno le elezioni politiche del 2013.

Non ho ancora metabolizzato la notizia. Non ve lo nascondo. Correva l’anno 1999 quando ebbi la fortuna di ascoltarlo dal vivo la prima volta. Quel discorso mi colpì.

Pur con errori, sconfitte, ed una buona dose di testardaggine, ecc. sono cresciuto (politicamente) con Veltroni e provo una certa malinconia nel pensare che la sua stagione politica sia finita. Forse avrei apprezzato di più un ritiro dall’agone politico dopo le dimissioni da segretario del PD nel 2009, ma nessuno è perfetto…

Pur dichiarando di non lasciare la politica e di proseguire col suo impegno civile ed istituzionale, impegno che ha rappresentato il suo mestiere (visto anche che come romanziere non è poi granché…) per una vita intera, credo che stiamo assistendo al tramonto di un politico che sarà ricordato per aver fatto scelte coraggiose, spesso perdenti, ma che hanno avuto il pregio di portare un po’ di Europa e di America nel nostro paese. Molte delle sue idee confluiscono direttamente nei programmi di Renzi e Bersani e di questo, io credo, potrà esserne orgoglioso.

Non m’interessa la sterile discussione sul “ha fatto bene”, “era l’ora”, “almeno lui ha avuto il coraggio di andarsene”, ecc. Credo sia il caso di riconoscergli l’onore delle armi, di qualsiasi estrazione politica voi siate.

Veltroni è stato ed è un grande progressista, uno dei pochi veri progressisti italiani, e proprio oggi che si fa un gran parlare di “vero progressismo” (True Progressivism – The Economist), come terza via per affrontare le diseguaglianze senza impattare sulla crescita economica, io credo che avrebbe avuto parecchie cose da dire.

Arrivederci e buon lavoro, Walter.

C’è ancora qualcuno che abbia a cuore l’Italia?

 

La domanda non è così scontata.

La deriva della politica e, per estensione, della società italiana è avvilente.

La corruzione è dilagante e spudorata. I casi del Lazio, della Lombardia, del comune di Reggio Calabria, ecc. si moltiplicano tanto che ormai è acclarato che il malaffare è preponderante rispetto all’interesse nazionale.

La situazione è ahimé peggiore se andiamo a vedere “come” vengono spesi i denari dei contribuenti. Se è vero che la corruzione è un male da estirpare e che trova vigore nell’istinto animale dell’uomo (e del politico in particolare) che si abbuffa davanti ad una tavola troppo spesso carica di leccornie è altresì vero che l’inefficienza e lo spreco sono un male assoluto della PA italiana.

Decenni e decenni di contiguità con un sistema partitico fatto di malaffare hanno contagiato anche il lavoro di dirigenti, quadri ed impiegati di ministeri, enti, municipi, ecc. Come si dice? Il pesce puzza sempre dalla testa, ma se la testa puzza da parecchio tempo, ci dobbiamo aspettare un corpo ormai marcio.

Ecco che compare Monti. Moderno Dracone da una parte, e salvatore della patria perduta dall’altro. Si riempie la bocca con parole come equità, progressività, lotta all’evasione, attenzione ai conti e spending review e poi va a cercare le coperture nelle tasche dei soliti noti tradendo così le aspettative di milioni di italiani vessati da tasse e tagli che giorno dopo giorno si rivelano iniqui, poco netti e talmente indecisi da lasciare le sacche di inefficienza pregresse.

Certo, non è che l’imprenditoria stia molto meglio. Guardiamo alla querelle Renzi – Marchionne dell’altro ieri. L’AD Fiat ha perso veramente un’occasione per stare zitto. Come possiamo fidarci di capi-azienda che dovrebbero fare il sacrosanto bene delle loro aziende, ma che non perdono l’occasione per sputare nel piatto in cui hanno mangiato e continuano a mangiare da una vita?

E poi che altro?

Ci sarebbe tanta cacca da spalare, ma per oggi sono piuttosto stanco.

Il silenzio assordante del PD

 

Dov’è il mio partito?

O meglio, dov’è il partito che ho sempre votato?

Domanda legittima, non credete?

Sono preoccupato, molto preoccupato. Ho l’impressione che lo stato di salute di quello che oggi è il primo partito d’Italia sia molto peggiore di quanto crediamo e ciò, per gli iscritti, i simpatizzanti e l’Italia intera, non è affatto un bene, qualunque sia il credo politico al quale ciascuno di voi si rifà.

Ho l’impressione che la querelle riguardo alle primarie e la evidente pochezza degli amministratori e politici attualmente eletti (dai parlamentari giù fino ai consiglieri comunali), fatti di una pasta molto simile ai soliti Lusi, Penati, Formigoni, Lombardo, Er Batman & co., stiano mettendo in seria difficoltà ogni velleità del PD di divenire una volta per tutte partito di governo e punto di riferimento del dibattito politico italiano, nonché forza progressista in grado di dare una speranza ad un paese dilaniato dal lassismo e dalla corruttela.

Ecco, da un lato le primarie. Solo il PD credo possa farsi male con le sue stesse mani e per giunta utilizzando uno strumento che per definizione ha connotati del tutto positivi, le primarie per l’appunto. Lo scontro a distanza tra Bersani e Renzi, con una masnada di piccoli che cercano di raccogliere le briciole, è il tratto distintivo di un partito nato zoppo qualche anno fa e che non è mai stato curato come si doveva per tutto questo tempo. Reiterare ancora oggi questioni di forma su “regole” (Bersani), che peraltro già ci sono, ed una campagna elettorale fatta di slogan e spot che guarda solo fuori dal PD (Renzi) sono il modo peggiore per “fare pubblicità” al partito.

La questione dirimente però credo sia un’altra. Indipendentemente dal fatto che domani il candidato primo ministro possa essere Bersani, Renzi, o chi per loro, il problema più grave è che il PD oggi non si distingue dagli altri e non ha un’idea chiara su dove andare e sulle alleanze da costruire. Voglio essere magnanimo e concedo il beneficio del dubbio all’attuale segretario Bersani, ma per quanto possa avere un’idea chiara sul da farsi, il buon Pier Luigi non riesce a parlare ai cittadini da una parte e non riesce ad imporsi con gli alleati (o presunti tali) dall’altra. E questi sono i fatti.

Se il segretario ed il suo entourage hanno un’idea quantomeno abbozzata di governo devono farsi sentire. Il momento è questo. Parliamoci chiaro, il programma di governo da qui ai prossimi 5 anni in Italia è già scritto per buona parte. Se sei un partito di centro-sinistra c’inserirai un pizzico di equità e di welfare, se sei un partito di centro-destra spingerai un po’ più verso il liberalismo. Punto. Non ci sono molte scelte da fare. Il fatto poi che il partito democratico non riesca a veicolare alcun tipo di messaggio progressista tramite i suoi politici, vuol dire che probabilmente i suoi “eletti” non sono poi così adatti a fare i politici. D’altro canto, il fatto che micro-partiti quali SEL, IdV, ecc. mettano costantemente in scacco la mancanza di decisionismo strategico del PD pare essere la prova che il maggior partito della sinistra soffre qualcosa di simile allo “spauracchio Nader” per i Democratici americani.

Il caso Polverini – ahimé – è un’altra prova di un partito dai piedi d’argilla. Nel Lazio non è solo il PdL che ha ottenuto “favori”. Dov’erano i consiglieri del PD? Che facevano? Ed è possibile che il segretario nazionale non avesse saputo nulla?

Se nessuno si è accorto di niente, vuol dire che nessuno di essi è “adatto” al ruolo che svolge, se invece “hanno mangiato alla stessa tavola” (molto più probabile), e dunque sono conniventi, non dovevano dimettersi con una settimana di ritardo bensì assumersi le responsabilità del caso e auto-denunciarsi. Sì, ok, mi rendo conto di aver detto una castroneria: chi mai si auto-denuncia in Italia? E contestualmente quale segretario mai s’impone in Italia (eccetto Berlusconi, s’intende)?