La crisi greca prima e l’incendio italiano oggi (com’è stato definito dall’Economist nello splendido editoriale dal quale è stata tratta l’immagine qui sopra) ha messo a nudo i limiti della democrazia continentale. Sia chiaro, non siamo di fronte a rischi di autoritarismo, o di ritorno ad un qualche tipo di regime, bensì siamo di fronte ad una stagione realmente nuova nei rapporti tra il cittadino – l’elettore – e la rappresentanza politica – gli eletti.
Quanto abbiamo visto nelle ultime settimane con le dimissioni di Papandreou prima e di Berlusconi ha reso esplicita una cesura netta, che finora avevamo potuto solo intuire nei casi di Irlanda e Portogallo, tra la rappresentanza politica ed il popolo elettore.
Ciò che è avvenuto, che è diretta conseguenza di una chiara debolezza politica ed ancor di più economica di questi paesi (sovrani), è la caduta di governi non per sfiducia nelle sedi parlamentari, non per sommovimenti popolari, ma a causa di una “coazione” (passatemi questo termine cacofonico) dei paesi “virtuosi” dell’Eurozona veicolata dalla forte pressione del Mercato, per quanto quest’ultimo abbia come preda vera (si deve star sempre attenti a parlare di predatori e prede quando si parla del Mercato…) l’intera Ue con le sue debolezze prima politiche e poi economiche.
Come, giustamente io credo, fa notare l’Economist, dopo il G20 della scorsa settimana, sono caduti due grandi tabù che hanno aperto scenari nuovi, e che senza dubbio non erano stati preventivati quando sono stati redatti i trattati costituenti l’Unione Europea. Dopo Cannes, in effetti, è stato chiaro che, da un lato, un paese membro può andare in default e di conseguenza lasciare l’Eurozona (ed in quel caso il soggetto in questione era la Grecia), dall’altro, che la politica comunitaria può agire deliberatamente nella politica interna di uno dei membri (il commissariamento dell’Italia e la pressione verso le dimissioni del Governo).
Ora, al di là dei giudizi di merito, che senza dubbio dovranno essere affrontati visto che ormai il polverone è stato sollevato, è chiaro che gli eventi ha soverchiato lo scenario democratico dell’Europa. I cittadini, infatti, in nessuna delle due situazioni sono stati chiamati ad esprimere il loro parere su quale sarebbe dovuta essere la via d’uscita (politica) allo stallo venutosi a creare. Nei fatti, quel faro di eguaglianza, laicità, e di mutuo soccorso, che dovrebbe essere la nostra casa Europea è come se avesse applicato una qualche legge marziale, un diritto di guerra nel quale l’occupante comanda in nome e per conto del popolo… popolo al quale, però, viene sospeso ogni diritto politico.
Pare brutto parlare così, eppure eppure, non è accaduto qualcosa di molto diverso. Non neghiamocelo.
Certo si può obiettare: right now the emphasis needs to be on firefighting, come fa notare l’Economist. Ed è sacrosanto, io credo. Combattiamo l’emergenza, con l’emergenza, salviamo il salvabile, ed è sia la medicina giusta, per quanto amara. Quando il fuoco sarà spento (sperando che della casa non resti che un cumulo di macerie!), dovremo contare i danni, ed iniziare a ricostruire. Sarà allora che il popol(in)o sarà ri-chiamato ad esprimersi sull’operato dei pompieri e della protezione civile, come l’ha chiamata qualcuno.
Se vogliamo che ognuno di noi non ricostruisca SOLO la propria casa, isolata da quella degli altri, e con regole proprie, dobbiamo accelerare il processo di integrazione europea, dobbiamo far capire alla comunità (vera), ai cittadini europei, che al di là delle differenze, al di là del virtuoso e del vizioso, al di là del biondo e del moro, al di là di quello del nord e di quello del sud, siamo tutti nella stessa barca e che una vera democrazia rappresentativa a livello continentale sarà possibile solo se basata su solide regole di politica monetaria, di bilancio comune e su quella Costituzione Europea, che ormai si è arenata dopo i mille referendum nei quali ha ottenuto sonore sberle.
Un tedesco potrebbe dirmi: “è facile parlare per te che sei italiano e che hai solo da guadagnare nel mutuare le buone pratiche di noi virtuosi.” Io, senza vergogna, gli direi di star bene attento perché con questi chiari di luna anche la sua casa non è al sicuro dato il sistema economico sanguinario che stiamo vivendo e che solo con una massa di almeno mezzo miliardo di persone – forse e ripeto forse – si può competere con le potenze emergenti e con gli Stati Uniti.
Non so se esista una leva in grado di spingere tutti noi europei verso l’accordo, ma voglio credere che ci sia. Certo, mettere da parte i nazionalismi è ben più difficile che andare sulla Luna, ma forse tra un paio di generazioni… Il vero problema è che non abbiamo tutto quel tempo, per cui diamoci una mossa e, per quanto viviamo in tempi non “troppo” democratici, sfruttiamo l’emergenza per conoscerci meglio, e magari legarci in modo più stretto e forte… Potremmo diventare gli “angeli del fango (metaforico, ovviamente) della democrazia europea”!
Ma – ahimé – forse è davvero solo un sogno.