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La dinamica dei rendimenti

Parliamo di btp e di bund.

Argomento trito e ritrito per carità, ma l’andamento dei tassi dei titoli di stato decennali dei vari paesi europei registrati nell’ultimo mese sono da analizzare. Partiamo dai dati di fatto, guardiamo ai btp da una parte ed ai bund dall’altra. Ecco, i titoli teutonici mostrano un rendimento effettivo che non ripaga neppure l’inflazione prevista nei 10 anni, come a dire che gli investitori riflettono ancora un timore di fondo che li porta al flight to quality, ad una corsa alla qualità che dimostra come si sia disposti a pagare una “tassa sulla sicurezza” (definizione che devo a Onado de lavoce.info) piuttosto che avere un qualche rendimento di lungo periodo. D’altra parte, il ripiegamento dei rendimenti dei btp italiani, che a differenza del grafico sopra pare ormai stabilmente sotto al 6%, rivela come con molta probabilità la crescita smisurata nei tassi degli ultimi mesi fosse dovuta solo ad una forte speculazione da parte dei mercati che avevano visto nel nostro paese la catena debole del potere politico prima ed economico poi dell’EZ.

Ora, al solito, non è tutto oro quel che luccica, anzi, mi pare che ci sia parecchio ottone a giro. Ma in che senso? L’impressione degli analisti è che il rischio connesso ai bund sia sottopesato, mentre sia ancora sopravvalutato quello italiano. Ciò però non significa che la situazione italiana sia stabilizzata e nel lungo periodo, ma neppure che gli eccellenti dati macro tedeschi possano essere garanzia contro ogni possibile sconvolgimento futuro.

La cautela è dunque d’obbligo, ma si comincia a sentire più di una voce dire che uno spread attorno ai 400 punti sia ancora troppo grande e sarà destinato a ridursi, tutto però starà nel vedere se si ridurrà perché caleranno i rendimenti dei btp (e dunque per meriti italiani) o perché saliranno quelli dei bund (e dunque per demeriti tedeschi). L’impressione è che un fair spread per il 2012 possa essere attorno ai 300 punti, con rendimenti dei titoli di stato italiani al 5% e tedeschi al 2%, ciò renderebbe meno oneroso il servizio del debito italiano e allineerebbe il costo del rischio connesso alla AAA tedesca (in terra Europea…) più ragionevole.

Chi vivrà, vedrà… Se non altro speriamo che questo burian che in questi giorni sferza le terre dello stivale porti via con sé qualche altro punticino di quel vituperato spread che ormai è la parola più (ab)usata di questi ultimi mesi!

Waterloo… Caporetto… E chi più ne ha più ne metta

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Quando andavo a scuola, i professori dicevano a mia madre: “Il ragazzo è bravo, ma se s’impegnasse, potrebbe dare di più”. Mia mamma tornava a casa, mi faceva un bello shampoo, io da quel momento ci davo dentro e tutto sommato i risultati sono arrivati. Cosa sarebbe successo se quegli stessi professori non mi avessero dato alcuna possibilità di riprendermi? Probabilmente a quest’ora non sarei riuscito a costruire granché di buono.
Ecco, il professor S&P oggi ha deciso che l’Europa è praticamente da cestinare. Secondo me, è arrivata l’ora di mandare qualche ispettore a casa di quel tizio e mettergli un po’ di paura.
Siamo sempre alle solite, siamo sempre a parlare di agenzie di rating, purtroppo.
A questo punto è chiaro infatti che c’è un vero e proprio accanimento nei confronti dell’Ue, anzi, signori, siamo proprio sotto attacco! Badate bene, non è il voto in sé che deve farci incazzare, è la modalità e la tempistica in cui arriva che è criminale. Ormai era nell’aria infatti che i francesi avrebbero perso la tripla A, che il Portogallo è ad un passo dal default e che Italia e Spagna fossero destinate come minimo agli esami di riparazione, ma non in questi termini ed in questi modi.
Appare ridicolo infatti che questi tizi americani possano decidere a piacimento, come abbiamo già detto, quando e come calare la scure e tagliare le teste dei condannati.
Quel che è successo oggi è gravissimo, tanto più perché avvantaggia, o almeno non svantaggia, solo un paese nel mondo, gli Stati Uniti che, guarda caso, lunedì prossimo avranno la borsa chiusa per il Martin Luther King day. Abbiate pazienza, questa è evidenza di dolo!
Se non dovessero uscire novità dirompenti nel corso di questo fine settimana, con molta probabilità le borse mondiali lunedì accuseranno il colpo mentre gli Stati Uniti se ne staranno bellamente a godersi la festa… Pace all’anima del buon Martin!
Quando finirà questa ridicola pantomima? Giusto ieri il buon Obama ha presentato un disegno di legge per innalzare ulteriormente il tetto del debito, come al solito, dimostrando che gli americani fanno come vogliono in barba a tutto il resto del mondo ed alla faccia di coloro che, come noi europei, si svenano pur di arginare la spesa facile ed il debito pubblico. Ora, per quanto sia legittimo per un paese sovrano come gli USA stampare tutte le banconote che vuole e fare una politica di deficit spending agguerrita, io comincerei a rendergli pan per focaccia iniziando a ripargarli con la stessa moneta, anzi, impegnandomi a non comprare più neanche un T bill!
C’è poco da fare, questi giocano sporco, ormai hanno scommesso al ribasso sulla nostra moneta e la nostra stabilità e ci bombardano a loro piacimento, con ondate di vendite short sulle nostre banche a mercati aperti e con mezzi istituzionalmente convenzionali come le agenzie di rating al limite della legalità che si muovono sul terreno sporco dei conflitti d’interesse. Alla faccia del patto Atlantico e dei nostri morti in guerre che gli americani hanno scatenato!
Ebbene sì, oggi sono proprio incazzato! Per quanto ancora dovremo scontare il debito di riconoscenza che viene dal Piano Marshall? Per quanto ancora dovremo essere succubi?
Badate bene, qui non è in gioco l’antiamericanismo, il comunismo o il giustificazionismo nei confronti del terrorismo. Qui non è in gioco nessun -ismo!
Si tratta solo di abbandonare l’ipocrisia, di tendersi la mano quando se ne ha bisogno oppure tirarsi indietro, senza rimorsi. Se, come lo zio Sam ci sta dimostrando, gli Stati Uniti continueranno a perseguire una politica egemonica con i più biechi mezzi del signoraggio economico sarà bene che l’Europa cominci seriamente a guardare al Pacifico piuttosto che al caro vecchio Atlantico.

Valutare il merito creditizio

Cominciamo dai fatti. Oggi S&P ha reso noto di aver messo in credit watch negative il rating di 15 paesi di Eurolandia, compresi i 6 paesi che, ad oggi, hanno ancora tripla A (AAA). Ha inoltre fatto sapere che in tempi rapidi, successivamente al summit del 8 e 9 dicembre, riuscirà ad esprimersi in modo definitivo, così da poter valutare se confermare o meno la tripla AAA al fondo di garanzia EFSF. Sembra scontato infatti che, nel caso uno o più dei paesi a tripla A dovesse perdere la “verginità”, si assisterebbe anche ad un declassamento del fondo ormai rinominato “salva-stati”.

Fin qui i fatti. Ora passiamo alle riflessioni, che credo debbano muoversi in due direzioni: un giudizio di merito sul lavoro di valutazione di S&P (e per esteso su tutte le agenzie di rating) ed un giudizio squisitamente politico sulla scelta e sui tempi di pubblicazione di questo warning e sulle reazioni che i vari stakeholder (europei e non solo) hanno espresso nella giornata appena trascorsa.

Parliamo della questione di merito. L’unico dato di fatto a nostra disposizione in questo momento è che S&P ha cambiato il credit watch su 15 paesi dell’Ue, ovvero ha pubblicato un alert con il quale si dice: “Signori, attenzione! Entro 90 giorni potrei abbassare la vostra valutazione creditizia”. Vero è che, molto spesso, questo tipo di segnalazione spalanca le porte ad un downgrade. Allora dobbiamo chiederci se ci sono i presupposti macroeconomici (e politici) perché questo avvenga. Ecco, per una volta, checché ne dica la politica, i presupposti ci sono tutti. Valutare il merito creditizio è di per sé molto complesso (fidatevi, ve lo dice uno che lo fa di lavoro…), peraltro non è dato sapere quale sia il modello utilizzato e quali le variabili significative che siano state prese in cosiderazione, per cui dare “un giudizio sul giudizio” è forse ancora più complesso ed è facile prendere dei gran bei granchi. Qualcosa, però, possiamo affermare perchè le agenzie di rating ci dicono quali sono le collezioni di informazioni da cui partono per esprimere una valutazione. Ecco, le variabili più rilevanti sono gli indicatori macro, che ormai tutti conosciamo (debito/pil, disavanzo/pil, saldi correnti, inflazione, tassi di disoccupazione, inoccupazione, dati demografici, ecc.), ma è altresì vero che il tasso di crescita e la situazione politica (soprattutto quando si guarda alla Ue) sono universalmente riconosciute come le componenti che “pesano” di più in questo tipo di valutazione. Abbiamo quindi una risposta, il perché del credit watch negativo. Varie organizzazioni indipendenti e istituti nazionali e transnazionali danno ormai per certa una recessione (che significa avere almeno due trimestri consecutivi di crescita negativa) nell’Eurozona e, contestualmente, è sotto gli occhi di tutti che, sul lato politico, la situazione sia di assoluto stallo, sebbene qualche spiraglio di sole di questo cielo cupo si cominci a scorgere. Ne segue quindi che, per una volta, non mi sembra che la valutazione di S&P sia del tutto campata per aria. Dimostrazione di questo ne sia il fatto che i mercati non hanno subito la solita batosta dopo una news come questa che, in altri tempi, sarebbe stata potenzialmente esplosiva.

Veniamo però al secondo nocciolo della questione. Il giudizio squisitamente politico e sulla tempistica di pubblicazione di questa notizia. Se è vero che il quadro politico pesa molto nella valutazione del merito creditizio, perché S&P non ha atteso l’esito del vertice europeo per tirar fuori questo coniglio dal cilindro? Senza fare dietrologia – anche se probabilmente ce ne sarebbe davvero bisogno una volta tanto – credo che il problema sia sempre il medesimo. Le agenzie di rating non sono indipendenti come si professano e, cosa peggiore, sono aziende come tutte le altre, e come tutte le altre, rispondono solo agli interessi dei propri azionisti. Cosa vogliono sentirsi dire quindi gli azionisti di S&P? Semplicemente che in questo momento l’Europa è una bomba ad orologeria e non è più quel porto sicuro per gli investimenti come lo era qualche tempo fa. S&P sta dicendo quindi ai propri azionisti: “Signori, al mondo ci sono posti migliori in questo momento dove piazzare i vostri capitali”. Questo è il vero problema. Stiamo perdendo lentamente, ma inesorabilmente di appeal e credibilità. Giudizi di questo tipo, sia chiaro sono, secondo me, partigiani e costituiscono una vera e propria turbativa di mercato. Il problema è tutto qui. Ormai non possiamo più fidarci di questi tizi che ci danno i voti. E questo vale sia quando prendiamo buoni voti, che quando facciamo schifo. Sarebbe davvero l’ora di cominciare a pensare che l’oligopolio delle agenzie di rating debba essere spezzato. Questa dovrebbe essere una delle questioni principali in ogni consesso internazionale. Dobbiamo poterci fidare dei controllori, dobbiamo pretendere che siano indipendenti dai controllati, altrimenti il giochino prima o poi si rompe, e allora altro che bolla sub-prime.

Per quanto riguarda la questione della scelta di tempo, infine, credo di aver detto implicitamente già più di un paio di cose con la riflessione di cui sopra. Questa questione, che si lega strettamente al discorso intorno al chi ci guadagna da cosa, potrebbe essere risolta in modo più rapido e semplice di quanto non lo sia il problema delle agenzie di rating in sé. Se iteriamo ancora questo modello in cui ci sono alcune agenzie che valutano stati e società come accade oggi, perché non imporre loro semplicemente di far uscire i loro report secondo certe scadenze prefissate? E non mi si venga a dire che questo influirebbe sull’andamento dei mercati attorno a quelle date perché questo discorso non sarebbe altro che uno specchietto per le allodole. Punto.

Un’ultimissima considerazione sulle reazioni del mondo politico. Semplicemente, non ho parole. Ogni volta che i nostri leader aprono la bocca mi viene da piangere. Di qualsiasi colore politico e nazionalità siano. L’unica cosa sensata da dire, oggi, era semplicemente: “Cara S&P, ma vaff…lo! Giudicami dopo che hai visto come va a finire il vertice del secolo di questo fine settimana! Che ti costa?”

Al solito, a pensar male si fa peccato… Ma spesso ci si prende! S&P la sua valutazione l’ha già fatta. Sarei pronto a scommettere che tra 90 giorni scoppia una di quelle bombe… Ma voglio essere magnanimo, e positivo… Carpe Diem che in questi chiari di luna 90 giorni sono un’eternità!

Paralleli antipodici

Due paesi a confronto, il Giappone e l’Italia. Alcune similitudini, tanti contrari.

Partiamo dai dati grezzi, brutali, per cercare di infiocchettare una qualche riflessione.

Il Giappone ha un rapporto debito/PIL oltre il 200%, l’Italia attorno al 120%. Il Giappone è in recessione da prima dello tsunami del marzo scorso, noi entreremo “ufficialmente” in recessione nel 2012, non prima del secondo trimestre. Il Giappone ha un deficit pari ad oltre l’8% del PIL, mentre quello dell’Italia si attesta al 4,5%. Se ci fermassimo qui, potremmo certamente dire che i nostri amici dell’estremo oriente non se passano affatto bene, e magari questo è pure vero, visti gli effetti della terribile calamità di 8 mesi fa, ma proseguiamo con un altro dato, un dato fondamentale nell’economia di questi anni. Il rating. Il Giappone ha mediamente un rating AA, l’Italia A+.
C’è qualcosa che stona? Si, se ci fermiamo ad un’analisi superficiale dei dati macro appena esposti, no se invece guardiamo ad una variabile fondamentale, che riguarda il debito. Chi detiene i titoli di stato. Ecco che emerge la differenza fondamentale del Giappone, non solo con l’Italia, ma forse con ogni altro paese del mondo. Il 97% del debito giapponese è in mano a giapponesi, il debito italiano, al contrario, è in mano “solo” per il 54% agli italiani.
Questa situazione crea un unicum nel panorama mondiale. I giapponesi se la cantano e se la suonano da sé, ma soprattutto sono patriottici. Punto.

Ora capisco quei soldati che 70 anni fa si lanciavano sulle portaerei americane!

I giapponesi se ne fregano dei rendimenti che sarebbe possibile ottenere sui mercati internazionali ed investono nel proprio paese, che appare così solidissimo, nonostante sia seduto su una polveriera naturale, la Cina lo stia cannibalizzando, abbia una popolazione molto vecchia, un’inflazione in crescita, un debito pazzesco, e soprattutto stia più o meno stagnando da anni.

Come potrebbe la speculazione attaccare questo paese? Semplicemente non può, o almeno potrebbe farlo soltanto se gli stessi giapponesi, attanagliati in una crisi nerissima (e dico nerissima!) non riuscissero a rifinanziare le obbligazioni del proprio paese in scadenza, entrando così in un vortice che, involontariamente, li condurrebbe a fare harakiri (per restare in tema) e dunque a boicottare i propri risparmi… Eh beh… Questo è francamente inverosimile!

Insomma, quante cose potremmo imparare dai nostri amici dagli occhi a mandorla!

Italia… Bocciata

Evviva! Da oggi abbiamo il rating del Botswana… uguale identico anche nell’outlook… peggio anche della Polonia che ha un outlook stabile!

Guardatevi il grafico interattivo e considerate che non è ancora stato aggiornato e da oggi siamo A2 con outlook negativo…

http://www.huffingtonpost.com/2011/08/09/credit-ratings-around-the-world_n_922283.html

Non poteva che concludersi così una giornata già parecchio di cacca.

Ipse dixit…

5 anni fa, un venerdì di ottobre (in particolare il 20 ottobre) al Governo c’era Romano Prodi ed il presidente dell’allora Forza Italia tirò fuori il comunicato stampa di cui sotto:

“Prodi irresponsabile, se ne vada”

(Le due agenzie di rating Fitch e S&P avevano appena tagliato il merito di credito dell’Italia rispettivamente ad AA- da AA)

Quelle del presidente del Consiglio, si legge in una nota del presidente di Forza Italia, sono “dichiarazioni irresponsabili e contrarie al vero”, visto che Prodi “cerca di scaricare queste decisioni sul precedente governo”.

“Le motivazioni della decisione di queste agenzie sono lì, nero su bianco, e sono una solenne e sonora bocciatura di questa Finanziaria”.

“Questo è un governo che, bocciato dalla maggioranza degli italiani, dalla Banca di Italia, dalla finanza internazionale dovrebbe avere il buon senso di restituire le chiavi di Palazzo Chigi prima di arrecare altri e irreparabili danni al paese”.

[Reuters]

Ora, confrontate quanto di cui sopra con le dichiarazioni di ieri del nostro amato Presidente del Consiglio (e dei suoi collaboratori)… non ci sono parole… un uomo… una poltrona.