Cominciamo dai fatti. Oggi S&P ha reso noto di aver messo in credit watch negative il rating di 15 paesi di Eurolandia, compresi i 6 paesi che, ad oggi, hanno ancora tripla A (AAA). Ha inoltre fatto sapere che in tempi rapidi, successivamente al summit del 8 e 9 dicembre, riuscirà ad esprimersi in modo definitivo, così da poter valutare se confermare o meno la tripla AAA al fondo di garanzia EFSF. Sembra scontato infatti che, nel caso uno o più dei paesi a tripla A dovesse perdere la “verginità”, si assisterebbe anche ad un declassamento del fondo ormai rinominato “salva-stati”.
Fin qui i fatti. Ora passiamo alle riflessioni, che credo debbano muoversi in due direzioni: un giudizio di merito sul lavoro di valutazione di S&P (e per esteso su tutte le agenzie di rating) ed un giudizio squisitamente politico sulla scelta e sui tempi di pubblicazione di questo warning e sulle reazioni che i vari stakeholder (europei e non solo) hanno espresso nella giornata appena trascorsa.
Parliamo della questione di merito. L’unico dato di fatto a nostra disposizione in questo momento è che S&P ha cambiato il credit watch su 15 paesi dell’Ue, ovvero ha pubblicato un alert con il quale si dice: “Signori, attenzione! Entro 90 giorni potrei abbassare la vostra valutazione creditizia”. Vero è che, molto spesso, questo tipo di segnalazione spalanca le porte ad un downgrade. Allora dobbiamo chiederci se ci sono i presupposti macroeconomici (e politici) perché questo avvenga. Ecco, per una volta, checché ne dica la politica, i presupposti ci sono tutti. Valutare il merito creditizio è di per sé molto complesso (fidatevi, ve lo dice uno che lo fa di lavoro…), peraltro non è dato sapere quale sia il modello utilizzato e quali le variabili significative che siano state prese in cosiderazione, per cui dare “un giudizio sul giudizio” è forse ancora più complesso ed è facile prendere dei gran bei granchi. Qualcosa, però, possiamo affermare perchè le agenzie di rating ci dicono quali sono le collezioni di informazioni da cui partono per esprimere una valutazione. Ecco, le variabili più rilevanti sono gli indicatori macro, che ormai tutti conosciamo (debito/pil, disavanzo/pil, saldi correnti, inflazione, tassi di disoccupazione, inoccupazione, dati demografici, ecc.), ma è altresì vero che il tasso di crescita e la situazione politica (soprattutto quando si guarda alla Ue) sono universalmente riconosciute come le componenti che “pesano” di più in questo tipo di valutazione. Abbiamo quindi una risposta, il perché del credit watch negativo. Varie organizzazioni indipendenti e istituti nazionali e transnazionali danno ormai per certa una recessione (che significa avere almeno due trimestri consecutivi di crescita negativa) nell’Eurozona e, contestualmente, è sotto gli occhi di tutti che, sul lato politico, la situazione sia di assoluto stallo, sebbene qualche spiraglio di sole di questo cielo cupo si cominci a scorgere. Ne segue quindi che, per una volta, non mi sembra che la valutazione di S&P sia del tutto campata per aria. Dimostrazione di questo ne sia il fatto che i mercati non hanno subito la solita batosta dopo una news come questa che, in altri tempi, sarebbe stata potenzialmente esplosiva.
Veniamo però al secondo nocciolo della questione. Il giudizio squisitamente politico e sulla tempistica di pubblicazione di questa notizia. Se è vero che il quadro politico pesa molto nella valutazione del merito creditizio, perché S&P non ha atteso l’esito del vertice europeo per tirar fuori questo coniglio dal cilindro? Senza fare dietrologia – anche se probabilmente ce ne sarebbe davvero bisogno una volta tanto – credo che il problema sia sempre il medesimo. Le agenzie di rating non sono indipendenti come si professano e, cosa peggiore, sono aziende come tutte le altre, e come tutte le altre, rispondono solo agli interessi dei propri azionisti. Cosa vogliono sentirsi dire quindi gli azionisti di S&P? Semplicemente che in questo momento l’Europa è una bomba ad orologeria e non è più quel porto sicuro per gli investimenti come lo era qualche tempo fa. S&P sta dicendo quindi ai propri azionisti: “Signori, al mondo ci sono posti migliori in questo momento dove piazzare i vostri capitali”. Questo è il vero problema. Stiamo perdendo lentamente, ma inesorabilmente di appeal e credibilità. Giudizi di questo tipo, sia chiaro sono, secondo me, partigiani e costituiscono una vera e propria turbativa di mercato. Il problema è tutto qui. Ormai non possiamo più fidarci di questi tizi che ci danno i voti. E questo vale sia quando prendiamo buoni voti, che quando facciamo schifo. Sarebbe davvero l’ora di cominciare a pensare che l’oligopolio delle agenzie di rating debba essere spezzato. Questa dovrebbe essere una delle questioni principali in ogni consesso internazionale. Dobbiamo poterci fidare dei controllori, dobbiamo pretendere che siano indipendenti dai controllati, altrimenti il giochino prima o poi si rompe, e allora altro che bolla sub-prime.
Per quanto riguarda la questione della scelta di tempo, infine, credo di aver detto implicitamente già più di un paio di cose con la riflessione di cui sopra. Questa questione, che si lega strettamente al discorso intorno al chi ci guadagna da cosa, potrebbe essere risolta in modo più rapido e semplice di quanto non lo sia il problema delle agenzie di rating in sé. Se iteriamo ancora questo modello in cui ci sono alcune agenzie che valutano stati e società come accade oggi, perché non imporre loro semplicemente di far uscire i loro report secondo certe scadenze prefissate? E non mi si venga a dire che questo influirebbe sull’andamento dei mercati attorno a quelle date perché questo discorso non sarebbe altro che uno specchietto per le allodole. Punto.
Un’ultimissima considerazione sulle reazioni del mondo politico. Semplicemente, non ho parole. Ogni volta che i nostri leader aprono la bocca mi viene da piangere. Di qualsiasi colore politico e nazionalità siano. L’unica cosa sensata da dire, oggi, era semplicemente: “Cara S&P, ma vaff…lo! Giudicami dopo che hai visto come va a finire il vertice del secolo di questo fine settimana! Che ti costa?”
Al solito, a pensar male si fa peccato… Ma spesso ci si prende! S&P la sua valutazione l’ha già fatta. Sarei pronto a scommettere che tra 90 giorni scoppia una di quelle bombe… Ma voglio essere magnanimo, e positivo… Carpe Diem che in questi chiari di luna 90 giorni sono un’eternità!