Archivio mensile:febbraio 2012

Aforismi

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Ciò che accade, il fatto, è il sussistere di stati di cose.
Su ciò di cui non si è in grado di parlare, si deve tacere.

Stasera mi sento particolarmente wittgensteiniano. Perché? Non so perché, citando una vecchia pubblicità. Come non mai, mi è chiaro che troppe persone parlano solo perché hanno la possibilità di favellare, non si fermano neppure un attimo a raccogliere i pensieri prima di esprimersi, ma soprattutto dicono cose che non hanno alcun riscontro nella realtà dei fatti. Mi è altrettanto chiaro poi che il concetto di verità esressa, o meglio, il processo che intendiamo con la locuzione “dire la verità” è un qualcosa che non ha quasi più cittadinanza in questo mondo.
Certo, potreste pensare, questo si è bevuto il cervello, ed in effetti quest’idea potrebbe non essere poi così assurda, se non fosse per il fatto che il confine tra normalità e follia è quantomai labile.
Cosa voglio dire? Beh, guardatevi intorno, anzi, ascoltate e leggete quanto dicono i nostri policymakers, quasi tutti, e vi accorgerete che quanto scritto in queste poche righe non è poi tanto campato per aria.
Stasera è così, presto, forse, sarò meno criptico.

Per Monti. Lettera di un italiano medio

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Io, italiano medio, mi rivolgo direttamente a Lei, Presidente Monti.

Presidente, non cada nelle maglie della “Piovra”!
Non renda emendabile il Decreto Cresci Italia e disinneschi il Maxiemendamento che sta vedendo la luce in queste ore.

Io, italiano medio, di età media, con uno stipendio medio, una casa media e prospettive mediocri, non mi sento rappresentato dagli attuali partiti di Governo e presenti in Parlamento, ma soprattutto non mi sento rappresentato da quelle sparute e potenti lobby che stanno minando le basi del Suo Decreto per la crescita.

Fino ad oggi, io Le ho dato fiducia, per quanto Lei non sia stato da me votato.
Fino ad oggi, io Le ho dato fiducia come ho dato fiducia al mio Presidente, Giorgio Napolitano, il quale – preoccupato per le sorti del nostro comune Paese – ha ritenuto che Lei potesse fare il lavoro “sporco” per risollevare questo nostro Paese pieno di incongruenze, disparità ed ingessato da una classe politica di dubbia levatura morale ed assolutamente incapace di gestire la nostra res publica.
Fino ad oggi, io Le ho dato fiducia dimostrandoLe la mia volontà (coatta, s’intende) a sopportare sacrifici per il bene comune. Non ho eccepito sul Decreto Salva Italia, anzi, ho ingoiato l’amara medicina convinto di dover fare la mia parte affinché tutti, domani, potessero stare meglio di quanto non stessero oggi.

Io, italiano medio, ho fatto la mia parte.

Le chiedo, adesso, che tutti facciano – volenti o nolenti – quanto fatto da me.
Le chiedo che l’italiano ricco, il privilegiato, il corrotto, il corruttore, il lobbista, il tassista, il farmacista, l’avvocato, il notaio, il dirigente pubblico e quand’anche il fannullone, solo per citarne alcuni, facciano la loro parte.

In caso questo non avvenga, Le anticipo formalmente che mi riterrò svincolato dal rapporto di fiducia che ci lega auspicando si possa aprire una nuova fase Costituente della vita della nostra malata res publica.

Riflessioni di un progressista sconsolato 2

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Un’altra settimana si è appena conclusa. Un’altra settimana di declino per la politica italiana, in particolare per i due maggiori partiti, PdL e PD.
Prima di analizzare i casi specifici, credo sia doveroso chiederci perché i partiti che rappresentano da soli 2/3 dell’establishment politico italiano attraversino una fase di così profonda crisi. Al di là dei casi specifici, infatti, è ormai chiaro che in Italia il tanto agognato bipolarismo sia sull’orlo dell’implosione a causa di due poli che, ciascuno a modo suo, non risultano essere così “magnetici” come ci saremmo aspettati. È un fatto che i progetti politici sviluppatisi in questo ultimo decennio siano da considerarsi quantomeno rivedibili.
A differenza di quanto si pensava, in questi anni PdL e PD non sono stati i player principali della partita, o meglio, lo sono stati in termini di numeri di voti e dimensionamento, ma si è avuta l’impressione che non fossero mai state le vere “guide” del dibattito politico quanto piuttosto si muovessero come banderuole, sbattute a destra, a sinistra e al centro nei vari fronti di discussione che di volta in volta sono stati aperti. In un certo senso, a fronte di un PdL strattonato più volte dalla Lega e da quello che è divenuto il Terzo Polo (non nomino neppure i “Responsabili” che secondo il mio parere non sarebbero neanche degni di entrare come visitatori nei palazzi della politica!), il PD si è visto tirare per la giacchetta da Di Pietro, Grillo e SEL, quest’ultimo in grado addirittura di vincere un paio di primarie pesanti in città fondamentali come Milano e Genova così da creare notevoli grattacapi alla dirigenza democratica.
Ma perché tutto questo è avvenuto? Troppo facile sarebbe cercare LA colpa nella “pochezza” della classe politica italiana (che comunque è un motivo da non sottovalutare), credo piuttosto si debba prendere seriamente in considerazione l’idea che la colpa sia da ascrivere principalmente al solito Silvio Berlusconi, o meglio al declino di Silvio Berlusconi. Perché? È presto detto. Nel centro-destra, e ancor di più nel PdL, egli ha rappresentato e probabilmente ancora rappresenta l’unico motivo di unità mentre, dall’altro lato dello schieramento, il suo progressivo indebolimento ha fatto credere che fosse giunto il momento della spallata e che fosse necessaria un’accelerazione nella costruzione di uno pseudo-partito di governo piuttosto che un partito assodato fatto di idee, di strutture e militanti.
Di tutto ciò ne sia riprova il fatto che con il progressivo eclissarsi del Nano italico è sparita anche la politica italiana. A differenza di quanto ci saremmo aspettati, invece di vedere un rinnovato impegno ed una nuova fase di discussione, si è assistito alla nascita di un governo di (quasi) unità nazionale che ha catalizzato l’attenzione dei media quasi più di quanto non fosse successo con i primi governi Berlusconi. Di certo il contesto economico generale ha spinto affinché una situazione del genere potesse venirsi a creare, di certo la “forzatura” sacrosanta di Napolitano verso un governo tecnico ha contribuito, ma avreste mai creduto che dopo 3 mesi di Governo Monti non avremmo avuto idea di cosa aspettarci dalla politica italiana del prossimo futuro? E avreste mai pensato che la “dipartita” di Silvio da Palazzo Chigi avrebbe avuto un effetto tanto deflagrante in tutto lo schieramento politico? Io no, sinceramente.
Veniamo infine ai fatti di questi ultimi giorni.
Il PdL, non me ne voglia il buon Angelino, è una nave senza capitano. La storia delle tessere false con il coordinatore (Verdini) che arriva a chiedere l’intervento della Magistratura, sa molto di resa dei conti, di preparazione alla battaglia con colonnelli che rinserrano le proprie truppe, stringono alleanze e scavano trincee e, purtroppo, sa molto di Tangentopoli e di degenerazione della politica, e non dico niente più.
Il PD, da parte sua, ha i suoi buoni grattacapi. L’apertura del dibattito sulla riforma del mercato del lavoro e per estensione sull’operato del governo Monti, ha riaperto ferite mai sanate. Si sono svegliati i filo-CGIL da una parte, i “moderati” dall’altra e, come al solito, Veltroni ha colto l’occasione per girare il coltello nella piaga. Proprio quel Veltroni, di cui non faccio mistero in passato abbia nutrito più di una semplice ammirazione, mi ha lasciato basito e rappresenta un’altra prova provata di quanto la politica italiana non riesca a dire niente di nuovo e resti arroccata nel suo sempre più vetusto castello. Veltroni con le sue interviste, che sono entrate a gamba tesa nei confronti del suo stesso partito, sembra ormai un giovane nel corpo di una cariatide, e dimostra quanto la politica italiana sia incapace di svecchiarsi e spinga gli elettori (e per estensione il popolo) verso l’abisso dell’antipolitica. S’intenda, non è che Fassina e tutti quelli che stanno dall’altra parte, si comportino molto meglio, sia chiaro. Essi contribuiscono in modo sostanziale alla riproposizione dell’eterno ritorno dell’eguale!
Come e se usciremo sulle nostre gambe da un momento così triste non è chiaro, ma credo ogni giorno di più nella necessità impellente per entrambi i poli di voltar davvero pagina, di chiudere questa fase storica per aprirne una davvero nuova, una Terza Repubblica che sicuramente non potrà essere peggiore della Seconda.

Bye bye Olympic Games

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Una decisione sacrosanta. Punto.
Si può amare lo sport, si può amare Roma, ma i giochi olimpici del 2020, non s’hanno da fare. Punto.
Pur mordendomi le unghie, pur reprimendo l’orgoglio patriottico, pur rinunciando alla possibilità di essere per un mese il centro del mondo, dico che non siamo nelle condizioni di poter intraprendere una sfida così grande come ospitare le olimpiadi a Roma nel 2020.
Troppo cocenti sono ancora le cattedrali nel deserto di Italia ’90, l’incompiutezza e la lentezza delle grandi opere, gli scempi delle cricche dei grandi eventi, i mondiali di nuoto del 2009, e chi più ne ha più ne metta.
Al Governo Monti va il mio più sincero apprezzamento per una scelta tanto difficile da prendere quanto impopolare, nonostante quel che dica il sondaggio commissionato dal Corriere.
Sono stati chiesti grandi sacrifici agli italiani, è giusto che la cura dimagrante abbia a che fare anche con le spese mangiasoldi dello Stato, per quanto questo possa amareggiarci.

Riflessioni di un progressista sconsolato

Eccoci ad un altro fine settimana. Il settimo dall’inizio del 2012, eppure tutto quel che è accaduto in questa settimana, o quasi, sembra essere uguale a quanto visto la settimana precedente, a quanto accaduto in quella ancora prima e ancora e ancora e ancora…

Non discuto e non smentisco quanto scritto nel precedente post, qualche germoglio di primavera, qua e là, inizia a spuntare davvero a spuntare, ma da qui a dire che questi germogli possano preannuciare una nuova e bella stagione ne deve passare di acqua sotto i ponti.

Mi riferisco in particolare alla situazione politica italiana e, per estensione, a quanto si vede in Europa. A fronte di un governo italiano quanto mai attivo (nel bene e nel male, s’intende) si è assistito ad una recrudescenza del conservatorismo che rappresenta ai miei occhi il male assoluto dei nostri tempi.

Abbiamo un Presidente del Consiglio che ben prima dei fatidici 100 giorni può senza dubbio dire di aver fatto qualcosa per questo paese, ma come controaltare abbiamo una classe politica che ha rispolverato i cannoni della Restaurazione. Basti guardare alla questione dell’articolo 18, ai 2ooo e passa emendamenti al Decreto Cresci Italia, ai soldi del finanziamento pubblico ai partiti che finiscono nelle tasche di soggetti spregevoli, all’incapacità di trovare una seppur minima sintesi nel dibattito sulla revisione della legge elettorale, ai tagli mancanti dei vitalizi e degli enti inutili e chi più ne ha più ne metta.

In Europa non stiamo certo meglio. La situazione greca è tutt’altro che disinnescata, il Portogallo vacilla, la Spagna lo segue, la Germania non riesce ad essere locomotiva di cambiamento, la Gran Bretagna va per la sua strada e la Francia è incartata nella successione (forse) di quel politichetto (per statura e levatura intellettuale) che è Sarkò, l’Ungheria è già nel baratro e, ancora, chi più ne ha più ne metta.

Come potete vedere, dunque, avremmo molto di cui discutere e sinceramente non so neppure da che parte cominciare, ma se mi permettete vorrei dire due parole sulla spinosa questione relativa alla riforma del mercato del lavoro italiano. Fermo restando un giudizio di disprezzo nei confronti delle sparate di certi membri del governo con Monti in testa, la questione deve essere affrontata con coraggio e senso del fare, pura e semplice prassi. L’Italia ha un problema di lavoro, produttività e di disoccupazione giovanile e questo è sotto gli occhi di tutti. Bene, è giunta l’ora di discutere e di agire veramente.

Parliamo dall’articolo 18. Visto che ormai sembra essere il caposaldo della discussione da qualsiasi parte si guardi la questione. Proverò a dare un’interpretazione discutibile, ma quanto mai basata sui fatti. Non è vero, come sostengono i sindacati (compreso quello a cui sono ancora iscritto) che sia un falso problema. Una revisione di questo diritto è sacrosanta. Non possiamo nasconderci dietro ad un dito. Il mondo del lavoro italiano è ingessato. Non si assume. Certo, non si assume SOLO perché in Italia esiste l’articolo 18, ma ANCHE per questo motivo. Perché dunque non provare a ripensarlo e ridiscuterlo mettendo sul piatto qualche concessione ai datori di lavoro A PATTO CHE essi s’impegnino ad assumere? Proviamo a chiedere ad un disoccupato se preferisce lavorare con qualche garanzia in meno o stare a casa. Certo, si può controbattere dicendo che il problema dell’Italia è la MANCANZA di lavoro e l’inefficienza del sistema. Vero, verissimo. Parliamo anche di questo allora. Parliamo a tutto tondo di come rilanciare un sistema produttivo che sembra un malato terminale. Ovvio che dovremo parlare di pagamenti nei tempi e nei modi giusti, di snellimento ed efficienza della PA, di tassi sui prestiti alle imprese e di incentivi all’investimento, ma se coloro che hanno davvero soldi da investire (italiani o stranieri che siano) non lo fanno dichiarando espressamente che uno dei motivi è legato all’articolo 18 perché laicamente non c’impegnamo a rivederlo? Non capisco i tabù come non capisco il conservatorismo. Se i tempi cambiano e qualche diritto si perde a causa di scelte ed errori che comunque sono già stati commessi perché non vogliamo prendere atto della situazione, mettere un punto ed andare a capo? Insomma, anch’io non credo che il problema sia solo l’articolo 18 bensì il peccato originale sia piuttosto ascrivibile alla variegata pletora di ridicole forme di lavoro a tempo determinato ed indeterminato che rendono i lavoratori più precari di quanto non lo sarebbero in un mondo in cui l’articolo 18 non esistesse neppure e ci fossero – che so – 10 forme contrattuali in tutto.

La flessibilità è una cosa bella in teoria, ma in pratica, in Italia, non lo è, con buona pace di Monti. Ben vengano dunque proposte di revisione dei contratti di lavoro che facilitino le assunzioni a tempo indeterminato magari con forme di protezione del posto più “blande” dell’articolo 18 così come oggi lo conosciamo.

Quando si cambia, come dice il proverbio è certo quel che si perde, ma è assolutamente incerto quel che si troverà. Questo è pacifico e sacrosanto, ma in un’Italia come questa, sarei pronto a perdere buona parte di quel che vedo intorno a me pur di provare a cambiare seriamente qualcosa, pur con tutti i rischi connessi con “ignoto”!

Per il cambiamento serve coraggio, e perché no un pizzico di sano cinismo, ma quando – come di questi tempi – ci rendiamo conto che mantenere lo status quo ci condurrà certamente al declino, credo dovremmo farci forza, mettere da parte la paura e fare il fatidico passo in avanti.

Ci stiamo arrampicando su uno specchio?

Nei giorni più freddi dell’anno, con l’Europa spazzata dai venti dell’est, si hanno i primi segnali di un cambio di stagione.

Con questo, ovviamente, non fate il cambio degli armadi!

Come ribadito dalle principali testate economiche mondiali, possiamo azzardarci ad affermare – con molta cautela – che non siamo più esattamente nel mezzo del guado e che cominciamo a vedere l’altra sponda.

Ma com’è possibile? Cos’è cambiato in modo così rilevante da poter giustificare affermazioni del genere? Semplicemente niente, o almeno così sembra. Come si può sostenere che la situazione sia mutata a tal punto da rivoltare le prospettive macro per l’Ue?

Ammesso e non concesso che io sia d’accordo con questa analisi, in questi giorni è un fatto che i toni delle dichiarazioni dei vari policymakers, ma soprattutto l’andamento dei mercati degli ultimi giorni, hanno mostrato un evidente cambio di stagione, indipendentemente dalle querelle sempre poco piacevoli che vediamo in Italia. Il perché comunque non è facile da individuare, non è così evidente come un semplice cittadino come me o come voi potrebbe aspettarsi. Vediamo di elencare in poche parole quali sono le operazioni positive ed effettivamente realizzate che ci fanno pensare di essere “oltre la metà dell’inverno”. Anzitutto, la pragmaticità di Draghi e del suo LTRO, la velocità di reazione del nuovo governo italiano, il progetto (discutibile) di fiscal compact europeo, la riduzione degli spread ed il relativo minor onere del costo del debito, la probabile soluzione (temporanea) al problema del default greco, la leggera ma costante crescita mese dopo mese degli occupati negli USA, l’interesse dei BRICS nel salvataggio dell’EZ.

Non sono affatto sicuro che questi dati di fatto siano sufficienti a farci sentire più confidenti riguardo al futuro, eppure il mondo attorno a noi sembra accogliere molto più favorevolmente di quanto non faccia io il mutare della situazione attorno a noi. Come me, e molto più autorevolmente di me, la pensano molte “Cassandre” della platea economicopolitica eppure le borse che generalmente anticipano i movimenti nell’economia reale sembrano scommettere che il 2012 seppure mostrerà un’effettiva contrazione nel PIL mondiale sarà l’anno della svolta e dell’inizio di una nuova primavera.

Bah, continuo ad essere dell’idea che finora abbiamo semplicemente riempito il serbatoio di un’auto guasta. Spero sinceramente di sbagliarmi, non vorrei che stessimo cercando di arrampicarci su uno specchio!

Volunia. Una vera novità italiana

Ricordatevi questa data: 6 febbraio 2012.

Lunedì prossimo, in diretta streaming mondiale, verrà presentato Volunia, il primo motore di ricerca totalmente made in Italy creato da Massimo Marchiori, professore all’università di Padova, con un passato al MIT, ma soprattutto con un zampino notevole nel colosso di Mountain View. Si narra infatti che sia l’algoritmo Hypersearch creato dallo stesso Marchiori ad aver ispirato Larry Page nello sviluppo del motore di ricerca più famoso ed efficiente del mondo.

Come sia esattamente andata la storia probabilmente non lo sapremo mai, ma è un fatto che Marchiori, tornato in Italia, abbia fondato una start-up, Volunia appunto, e che negli ultimi quattro anni abbia sviluppato un innovativo motore di ricerca che tra mille peripezie lunedì sbarcherà sul Web per i primi fortunati power users.

Sono orgoglioso di comunicarvi che io sono uno di questi fortunati “utilizzatori” e attendo trepidante la possibilità di iniziare ad utilizzare e testare questo motore di ricerca, certo di poter contribuire ad un prodotto che mi rende orgoglioso di essere italiano.

Citando lo stesso Marchiori al ritorno dalla sua esperienza all’estero, dico: “i grandi frutti adesso voglio farli germogliare nella mia terra”.

Io non me ne sono mai andato, ma voglio provare a far qualcosa per noi italiani e per l’evoluzione del Web nel suo complesso.

In bocca al lupo, Volunia!

La dinamica dei rendimenti

Parliamo di btp e di bund.

Argomento trito e ritrito per carità, ma l’andamento dei tassi dei titoli di stato decennali dei vari paesi europei registrati nell’ultimo mese sono da analizzare. Partiamo dai dati di fatto, guardiamo ai btp da una parte ed ai bund dall’altra. Ecco, i titoli teutonici mostrano un rendimento effettivo che non ripaga neppure l’inflazione prevista nei 10 anni, come a dire che gli investitori riflettono ancora un timore di fondo che li porta al flight to quality, ad una corsa alla qualità che dimostra come si sia disposti a pagare una “tassa sulla sicurezza” (definizione che devo a Onado de lavoce.info) piuttosto che avere un qualche rendimento di lungo periodo. D’altra parte, il ripiegamento dei rendimenti dei btp italiani, che a differenza del grafico sopra pare ormai stabilmente sotto al 6%, rivela come con molta probabilità la crescita smisurata nei tassi degli ultimi mesi fosse dovuta solo ad una forte speculazione da parte dei mercati che avevano visto nel nostro paese la catena debole del potere politico prima ed economico poi dell’EZ.

Ora, al solito, non è tutto oro quel che luccica, anzi, mi pare che ci sia parecchio ottone a giro. Ma in che senso? L’impressione degli analisti è che il rischio connesso ai bund sia sottopesato, mentre sia ancora sopravvalutato quello italiano. Ciò però non significa che la situazione italiana sia stabilizzata e nel lungo periodo, ma neppure che gli eccellenti dati macro tedeschi possano essere garanzia contro ogni possibile sconvolgimento futuro.

La cautela è dunque d’obbligo, ma si comincia a sentire più di una voce dire che uno spread attorno ai 400 punti sia ancora troppo grande e sarà destinato a ridursi, tutto però starà nel vedere se si ridurrà perché caleranno i rendimenti dei btp (e dunque per meriti italiani) o perché saliranno quelli dei bund (e dunque per demeriti tedeschi). L’impressione è che un fair spread per il 2012 possa essere attorno ai 300 punti, con rendimenti dei titoli di stato italiani al 5% e tedeschi al 2%, ciò renderebbe meno oneroso il servizio del debito italiano e allineerebbe il costo del rischio connesso alla AAA tedesca (in terra Europea…) più ragionevole.

Chi vivrà, vedrà… Se non altro speriamo che questo burian che in questi giorni sferza le terre dello stivale porti via con sé qualche altro punticino di quel vituperato spread che ormai è la parola più (ab)usata di questi ultimi mesi!