Archivio mensile:ottobre 2011

Non ci resta che piangere

Una citazione cinematografica per un film (documentario) che fa riflettere. Molto.

Stasera su Cult ho visto il documentario di Michael Moore del 2009 “Capitalism: A Love Story“.

Per quanto realizzato in concomitanza con la crisi del 2008, prima che emergesse la crisi del debito – che a mio modesto parere è ben più grave – alcuni passaggi di questo documentario sono, al solito, raccapriccianti. L’intreccio tra capitalismo e (pseudo) democrazia fa indubbiamente pensare.

Consigliato.

Il Big Bang secondo Matteo 2

Cominciamo a riflettere su quanto abbia rappresentato la manifestazione della Leopolda di questo fine settimana per il centro-sinistra di domani, e per l’Italia tutta.

Senza ombra di dubbio Matteo Renzi – dopo questi tre giorni – irrompe fragorosamente nel dibattito politico in seno al PD, ed al centro-sinistra in generale, per quanto ancora questa sera egli stesso, ospite a Che tempo che fa, abbia continuato a giocare a carte coperte negando una sua esplicita candidatura alle primarie di coalizione.

Ragioniamo con ordine. Vorrei dire alcune cose che in questi giorni mi sono frullate nella testa e che meritano, secondo me, una qualche attenzione.

Quel che ormai è evidente è che il sindaco di Firenze è “sceso in campo” (mi perdoni il Nano italico per la citazione). Sia chiaro, non che fino a venerdì fosse in panchina o peggio in tribuna… diciamo piuttosto che, come giocatore, era abulico, non entrava nelle azioni importanti salvo esibirsi in discese in solitaria lungo la fascia che però si esaurivano inesorabilmente attorno alla trequarti di campo avversaria. Da venerdì, o meglio dalla chiusura della Leopolda 2, Matteo Renzi è al centro del gioco. Vediamo se a questo punto sarà in grado di far girare la palla e la partita.

Insomma, tralasciando le metafore calcistiche, ciò che emerge dalla manifestazione della Leopolda è qualcosa che non si vedeva da tempo nella politica italiana: un candidato Premier (caro Matteo, non dire di no…) ed un abbozzo di programma (o meglio un coacervo di idee, che comunque hanno necessità di essere grossate, riviste, corrette e ristrutturate).

Le cose che più mi hanno colpito di questi tre giorni sono stati la partecipazione attiva e la varietà dei contenuti. Il tema comune ad ogni intervento (“Se voi foste il Premier di questo paese, cosa fareste?”) è stato vincente e stimolante, ma attenzione, la troppa partecipazione e i troppi contenuti hanno fortemente rischiato di sfociare nella confusione più totale! Mi riferisco in particolare al fatto che, per quanto il format (che prevedeva interventi di 5 minuti ciascuno) e la scenografia, fossero particolarmente azzeccati, ci sono stati alcuni interventi decisamente retorici e poco pragmatici, alcuni poco significativi, alcuni decisamente fuoriluogo, ed altri effettuati al solo scopo di cercare di ingraziarsi il buon Matteo in ottica elettoralistica. Tutto ciò non ha contribuito ad elevare la manifestazione, anche se – come detto – la maggioranza dei momenti è stata decisamente interessante.

Aspetto a questo punto con ansia di trovare sul Web le ormai famose “100 proposte per l’Italia” che ormai mi incuriosiscono.

Per concludere, usciamo per un attimo fuori dalle mura della Leopolda. Da Firenze, oggi, esce un Matteo Renzi più forte che mai, addirittura rinforzato, io credo, dalle critiche che gli sono piovute addosso da Bersani, De Magistris, ecc… ma che corre un rischio concreto di scottarsi se non prende coscienza di due cose fondamentali. Anzitutto deve trasformare la forza propulsiva potente che viene fuori da questi tre giorni presentando a chi voterà alle primarie un decalogo concreto di proposte che non sia una sterile accozzaglia di idee that we have to (must) do ed, in secondo luogo, deve sciogliere le riserve e, nonostante non ami trattare con le strutture di partito e di coalizione, candidarsi esplicitamente alle primarie. I cittadini vogliono sempre una figura di riferimento, checché se ne dica.

Infine un giudizio personale. Oggi Matteo Renzi ed il Big Bang rappresentano qualcosa di davvero nuovo nel quadro politico italiano. Un boccone non esattamente digerito nel ventre del PD ed equidistante dal centro-destra e da Grillo; comunque sia una parte importante per la crescita futura del quadro politico italiano.

Vi chiederete se Renzi sarà il mio candidato come prossimo Premier… Beh, non lo so, per adesso gli devo riconoscere di aver acceso la miccia di un dibattito che fino a ieri mi faceva solo sbadigliare.

Let’s keep in touch e vediamo che succede. Il futuro politico italiano si fa più interessante.

Il Big Bang secondo Matteo

Ieri ho seguito in streaming la prima giornata di lavori della manifestazione di Renzi alla Leopolda (per chi non fosse di Firenze, è una ex-stazione ferroviaria diventata centro congressi & co.).

Aspetto la chiusura dei lavori per esprimere un giudizio, per quanto ieri ci siano senza dubbio stati interventi interessanti.

Al di là della retorica e dell’idealismo spinto, mi è piaciuto l’intervento di chiusura di Baricco. Eccolo:

Ipse dixit… e 2…

Saranno come al solito i posteri a ricordarsi delle sparate vergognose del nostro Presidente del Consiglio, ma quanto detto in queste ore ha già oggi dell’inverosimile.

A fronte di un’asta Btp con rendimenti da junk bond, il Nano italico ha detto, riguardo all’euro: «Non ha convinto nessuno, è una moneta strana, non c’è una banca di riferimento e non ha un governo unitario l’economia. È un fenomeno mai visto, ecco perché c’è un attacco della speculazione e risulta problematico collocare i titoli del debito pubblico».

Quando ho letto questa dichiarazione mi è venuta la pelle d’oca, e non sto scherzando. Ma è vera? Possibile che l’abbia detta? Eppure è tutto vero…dev’esserlo, altrimenti in puro stile Silvio “Rigirafrittate” Berlusconi non avrebbe detto poco più di un’ora dopo: “È una polemica pretestuosa, l’euro è la nostra bandiera.[…] Come al solito, si cerca di alzare pretestuose polemiche su una mia frase interpretata in maniera maliziosa e distorta. L’euro è la nostra moneta, la nostra bandiera. È proprio per difendere l’euro dall’attacco speculativo che l’Italia sta facendo pesanti sacrifici. Il problema dell’euro – aggiunge – è che è l’unica moneta al mondo senza un governo comune, senza uno Stato, senza una banca di ultima istanza. Per queste ragioni è una moneta che può essere oggetto di attacchi speculativi”.

Ecco, va preso atto che qualcosa di quest’ultima dichiarazione è considivisibile, almeno in parte, ma ormai, caro Presidente, la frittata l’hai fatta, girata e cotta a puntino. Ancora una volta mi vergogno di te!

Riposati, vai a casa. Lasciaci stare. Ci hai rotto.

La sindrome bipolare del Mercato

Oggi tutte le Borse mondiali in grande spolvero… E meno male, dico io…E lo dice anche il mio portafoglio!

Ma perché?

Bah, andando a leggere un qualsiasi giornale, le motivazioni sarebbero da ricercarsi su questioni puramente tecniche (non sto a dilungarmi… I mercati hanno perso molto per cui sarebbe storicamente “normale” una correzione verso l’alto), ma soprattutto per gli accordi dell’Eurozona, che riguardano il taglio di capelli (haircut) del debito greco, la ricapitalizzazione per oltre 40 mld/€ delle banche europee, la possibiltà di ampliare la disponibilità e la potenza di fuoco del nascente EFSF e per la presentazione delle misure di politica fiscale dell’Italia.

Qualcosa non mi convince, anzi, non mi pare proprio sia cambiato granché sotto il sole. Mi spiego, punto per punto.

Prima questione. La Grecia non onererà mai il suo debito. Si decide per il taglio dello stesso che equivale, tutto sommato, ad un default soft, in quanto se oggi possedete un titolo di stato ellenico, a scadenza vi sarà corrisposta la metà del valore nominale (né più né meno che un “saldo e stralcio”, come si dice dalle mie parti…). Bene, si dirà, meglio di nulla, meglio un uovo oggi che… Ecco, più o meno questo è stato il ragionamento dei grandi banchieri stra-indebitati con la Grecia (specialmente francesi e tedeschi). Ma siamo sicuri che sia tutto oro quel che luccica?

No, ed il motivo si lega alla seconda questione da analizzare. Si decide di ricapitalizzare le banche (solo in Italia servono una 15 di miliardozzi, la metà serve ad Unicredit, 3 servono a MPS, i restanti 5 agli altri gruppi). Della serie, ti faccio mettere a bilancio una perdita sulla Grecia, ma ti ricapitalizzo (coi soldi dei contribuenti) in puro stile “un colpo al cerchio, un colpo alla botte”.

Terza questione. Il Fondo Salva Stati, l’EFSF potrà agire a leva aumentando così (virtualmente!) la sua dotazione di capitale, che ricordo viene data proporzionalmente dagli Stati membri dell’Unione, ed essere così più “forte” sui mercati. Bah… tutto troppo facile che mi sembra una gran baggianata. Della serie, non si chiedono (molti) più soldi agli Stati membri, visto che sono già super-indebitati, e allora si concede per statuto che questo fondo possa fare come un classico fondo d’investimento e lavorare in leva. Ora, se lavoro in leva qualcuno mi dovrà comunque “prestare” quel capitale… Ecco la perla. La BCE (che ricordo essere la Banca Centrale Europea… e non del Congo, con tutto il rispetto per i congolesi!) non intende prestarlo, per cui che si fa? Bene, il presidente del EFSF, Regling, vola a Pechino per “elemosinare” i dindini necessari. E tutta questa manfrina è minacciata dalla spada di damocle delle agenzie di rating che hanno già fatto presente che nel caso in cui la dotazione di capitale del EFSF non fosse abbastanza corposa, sarebbe a rischio la tripla A per questo fondo… Che buffo sarebbe se lo strumento (stabilizzatore) che dovrebbe assicurare la stabilità finanziaria dell’Eurozona, ricevesse un voto, un rating, più basso di alcuni dei membri (stabilizzati, o meglio “stabilizzandi”) sui quali dovrebbe intervenire! Insomma sarebbe un po’ come se a scuola il professore stesse a sedere di fronte alla cattedra!

Quarta questione. La “lettera” e le misure italiane. Un foglio di carta nulla più. Perché? Semplicemente perché le proposte contenute nella lettera sono francamente inattuabili nel breve periodo e comunque moooolto difficilmente realizzabili anche nel lungo. Che cosa abbiamo detto all’Europa? Abbiamo detto che manderemo a casa senza giusta causa i lavoratori delle aziende in difficoltà (come se fosse colpa loro se queste aziende versano in cattive acque!). Abbiamo detto che innalzeremo l’età pensionabile. Abbiamo detto che venderemo il nostro patrimonio in tranche da 5 mld/€ l’anno. E, pensate, abbiamo addirittura detto che risparmieremo la carta. Sì, proprio la carta! Daremo le pagelle in formato elettronico agli studenti. Ooooh, avranno detto a Bruxelles: “Ma guarda che bravi questi italiani!” Sicuramente non l’hanno detto. Non avrebbero potuto dirlo, ma certo lo avranno pensato.

E allora torniamo alla domanda iniziale? Perché le Borse festeggiano?

Volete sapere qual’è la migliore risposta? Eccola: Boh!

Chiedete ad un’analista tecnico, ad un esperto di fondamentali, ad un insider, ad uno esperto di psicologia comportamentale dei mercati, tutti vi daranno una risposta diversa… La migliore resta quella scritta poche righe più su… Boh!

Potremmo parlarne per altri cento post e non trovare il bandolo della matassa, ma voglio accennarvi ad un’interpretazione per me molto affascinante, e che negli ultimi anni acquista sempre maggior credito. Ormai molti (matematici, studiosi delle reti, economisti e finanche evoluzionisti) intrepretano il Mercato come un organismo vivente, come un essere della natura, come me e voi insomma.

Se questo fosse vero, perché allora non interpretare il Mercato come un soggetto affetto da sindrome bipolare?

Ai posteri l’ardua sentenza!

Nelle mani del Nano italico

Il Presidente del Consiglio porta la lettera d’intenti alla UE… ci sarebbe tanto da dire, ma in fondo aspettiamo l’esito dell’analisi della Commissione. Una cosa, però, è certa, con la scusa dell’austerity i diritti dei lavoratori saranno quantomeno ridotti…

Speriamo per il bene di tutti che dietro a questa copertina ci sia qualcos’altro di buono, anche se sinceramente dubito…

Non è un paese per giovani 2

Il nostro paese sa di stantio, puzza di vecchio, è pieno di vecchi… e scaccia i giovani.

Da noi non si concedono mutui agevolati alle giovani coppie. Non ci sono sussidi per le giovani famiglie. Non si costruiscono asili. Non si combatte l’abbandono scolastico. Le università sono in mano ai baroni. Si fa morire la ricerca. Le imprese stanno (intenzionalmente… e colpevolmente) lontane dall’università e dalla ricerca stessa. Non si assumono giovani, non assumendosi così i rischi imprenditoriali connessi all’acquisizione del capitale umano ed alla formazione professionale, preferendo tenersi dipendenti (vecchi) “a fine corsa” (e strapagati!), che ormai non hanno più fame e aspettano placidamente la pensione grattandosi la pancia sulla sedia del loro ufficio con aria condizionata e riscaldamento accesi.

Ho vissuto, e vivo, con persone anziane. Sono fortunato per questo. S’impara molto più di quanto pensi una persona cinica come me a stare loro accanto, ma – oggi – il mondo intorno a noi (nella politica, nel lavoro, nella socialità, nello sport, nelle istituzioni, ecc…) richiede movimenti repentini, scelte pragmatiche, rapide. I cambiamenti sono continui e spesso conta di più una risposta data in fretta e sbagliata che una giusta, ma lenta e troppo ragionata. Non credo che questo sia giusto, ma la realtà che viviamo ci dice questo, pretende questo. Chi è in grado di stare al passo coi tempi deve avere strutture fluide e cangianti in base alle circostanze. Dobbiamo buttare a mare tutta la nostra Terza Età? No di certo, ma almeno concediamo un po’ di meritato riposo a chi si è fatto un mazzo tanto tutta la vita.

In Italia non c’è niente di tutto ciò, e all’orizzonte non c’è che l’inverno.

Dalle 18 di questo pomeriggio, il Governo sta parlando di alzare di due anni l’età pensionabile, come se questo fosse il problema più urgente da risolvere. Eppure ci è stato detto da più parti che questo non sarà sufficiente e che ci vogliono VERE riforme strutturali in ottica di crescita. Eppure riusciranno ancora a non mettersi d’accordo. Eppure il Governo non cadrà neppure questa volta. Eppure. Eppure.

Non voglio tornare sulla questione baby-pensionati, ne ho già parlato altrove. Voglio fare una proposta concreta. Alziamo l’età pensionabile (vediamo se di 2, 3 o quanti anni), ma impegnamoci affinché siano le aziende ad incentivare le fuoriuscite prima del tempo, i prepensionamenti. Come? Facile. Tassiamo i lavoratori. Con criterio, però. Imponiamo alle aziende, od ai settori produttivi, se si ritiene sia più semplice, di costituire fondi specifici atti alle varie forme di prepensionamento (riduzioni di orario, part-time, aspettative, ecc…). Come? Facile. Forse non tutti sanno che oggi l’INPS PRODUCE UTILI nonostante le molte pensioni da capogiro e i baby-pensionati… Cosa assurda, se ci pensiamo bene, per un ente che per statuto dovrebbe redistribuire tutto ciò che incamera. Se oggi un lavoratore versa il 5% del suo stipendio all’INPS od a fondi integrativi privati (lascio fuori dalla mia proposta i contributi volontari che ciascuno di noi può versare a dati fondi), facciamo che ne versi, da domani, 4 all’INPS e 1 ad un fondo speciale (aziendale o di settore) atto al compito specifico del pre-pensionamento.

Si può obiettare che nel medio periodo questa soluzione sia irrealizzabile, e che il gettito mancante possa portare il sistema sull’orlo del baratro. Ecco, ammesso e non concesso che i miei conti – faciloni, lo dico fin da subito – siano insostenibili, uno studio SERIO di fattibilità andrebbe quanto meno svolto. Se metto nelle condizioni un’azienda di poter svecchiare la sua forza lavoro, apro le porte a nuove assunzioni, anzi impongo nuove assunzioni se voglio mantenere la produzione, e, cosa da non sottovalutare, incentivo la speranza, e la fiducia, motore essenziale per far girare l’economia dei nostri giorni.

Si può obiettare che vivo nel mondo dei sogni, eppure, eppure, la Germania ha un sistema, nel principio, molto simile a questo. Ha un’età legale di pensionamento molto più alta della nostra eppure ha un’età media (effettiva) di pensionamento ben più bassa di quella italiana. Come fanno? Magia? No credo. Efficienza. Ecco, forse quella sì.

Perché non spediamo un po’ di tecnici del Ministero del Lavoro, visto che ne abbiamo tanti, in trasferta nella Ruhr, in Sassonia (per non parlare della ricca Baviera) ad imparare qualcosa?

Intanto, andiamo a bussare a Palazzo Chigi e facciamo uscire il Consiglio dei Ministri, se nessuno va a chiamarli, quelli non escono più… il mercoledì più importante della storia italiana recente è dietro l’angolo.

Povera Italia

Questi due ci prendono in giro. Il mondo si fa beffe di noi.

E noi?

C’incazziamo… ma neanche poi tanto.

Il teatrino del duo Sarkò-Merkel all’ennesimo summit inconcludente è stato decisamente di cattivo gusto.

Un giornalista ha chiesto loro se l’Italia ce la farà ad onorare l’impegno della crescita presentando un programma concreto. Il duo (o meglio la Merkelona) ha risposta sorridendo, facendo “spallucce” e restando decisamente sul vago. Poco dopo, lo stesso giornalista, ha chiesto se Berlusconi avesse dato loro l’impressione di rendersi conto della gravità della situazione e se mai avesse “rassicurato” l’Europa, il duo (o meglio il neo-padre Sarkò) si è messo addirittura a “ridere”!

Ora, al di là della caduta di stile del nano francese (… e che caspita, non ce l’avremo mica solo noi un presidente nano!) e del silenzio colpevole della signorotta tedesca, il problema è grave, gravissimo.

L’Italia esce dalla giornata di oggi con le ossa ancora più rotte di ieri. Vediamo come reagiranno i mercati domani (per quanto il comportamento schizofrenico di questi ultimi tempi potrebbe far presagire anche una corsa verso l’alto che non rispecchia i fondamentali), diamo altri due giorni a Silvio per presentare questo benedetto dl sulla crescita (la scadenza imposta dall’Europa pare sia proprio mercoledì), ma la malattia resta, anzi, peggiora.

Certo, quel che passerà alla storia della giornata di oggi (al di là del terremoto in Turchia e dell’infausto evento occorso in MotoGP) è che l’Italia dal 23 ottobre 2011 è stata accostata senza mezzi termini alla Grecia, che l’Europa ed il mondo si fanno beffe di noi e che, tanto per cambiare, il nostro Presidente del Consiglio continua imperterrito a dare sfoggio delle sue peggiori qualità… ma, in fondo, lui è l’imprenditore migliore degli ultimi trent’anni di storia italiana e non ha mai perso nessuna delle sfide che ha affrontanto e quindi ce la farà… Sigh!

Che tristezza, che peccato.

Oggi tutti vorremmo trovare un minimo di fiducia nei nostri mezzi che, comunque, è innegabile ci siano, eppure, anche stasera, e più di ieri, la speranza lascia spazio al disincanto e alla disperazione.

Beh, domani è un altro giorno, sarà lunedì, e, come al solito, mi rimboccherò le maniche per produrre quella minima percentuale di PIL che fa bene al mio portafogli prima di tutto ed al benessere del Paese, speriamo lo facciano anche i nostri governanti.

Tradire la speranza in un futuro migliore

Una lettura molto interessante:

http://www.project-syndicate.org/commentary/sundaram8/Italian

Quando mio padre, ormai circa 35 anni fa, iniziò a lavorare, giovanissimo, in un piccolo comune del centro Italia, con i primi 4 stipendi riuscì a comprarsi una Cinquecento, e, badate bene, era un semplice impiegato, non aveva una laurea ed, anzi, era appena uscito da un istituto tecnico. Fate un po’ di conti? Quanti stipendi vi costa – oggi – un’auto di pari valore?

Il grande problema della politica di oggi, nei fatti, è la mancanza di prospettiva, come abbiamo detto ormai tante volte. Come potete leggere nell’articolo di cui sopra, il tentativo (peraltro vano, per adesso) di dare risposte rapide ed immediate ai problemi attuali impedisce la progettualità ed incancrenisce la speranza dei più. Il tempo perso è andato, non è recuperabile.

Come possiamo ancora credere in un sistema economico che, come hanno testimoniato vari reportage comparsi qua e là nei giornali americani (e non solo), ha chiesto agli Stati (e dunque alla politica) di essere salvato da se stesso, ma che si è accontentato di qualche semplice farmaco anti-influenzale e che, non appena la febbre è passata, ha ricominciato a pagare a peso d’oro quelle stesse figure che avevano portato il mondo nel suo complesso e la realtà sociale sull’orlo del baratro?

Torniamo alle riflessioni di  qualche settimana fa, alla fine dei conti. Chi ha detto che il debito sovrano è IL problema? Chi ha detto che è LO spauracchio da scacciare con ogni mezzo? Perché i politici non si accorgono che il vero problema è garantire un reddito dignitoso, ed ancorché duraturo, per i giovani, che rappresentano il vero motore della produttività e dell’efficienza dell’economia reale (che alla fine dei salmi è l’unica che conta).

Pensiamoci, gente, perché domani, di questo passo, anche l’auto nuova diverrà un miraggio… ammesso e non concesso che già non lo sia!

Una storia italiana

Mentre in Libia si uccide Gheddafi.

Mentre in Europa la Merkelona e Sarkò si becchettano.

Mentre in America il Presidente Nero tradisce in tutto od in parte il suo elettorato.

Mentre in Italia… bah, lasciamo stare…

Voglio parlare di una storia italiana, una storia che mostra la tristezza e la pochezza del capitalismo italiano.

http://www.corriere.it/inchieste/reportime/

Se questa è la governance di una delle prime 4 – 5 banche italiane, c’è poco da stare allegri.