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Torride riflessioni estive

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O forse no?

Sono stati giorni difficili questi. Difficili per tre motivi. Il primo è il tempo, condizione necessaria io credo per ogni riflessione che abbia la presunzione di non essere banale.
Il secondo è il Nano. Non lo sopporto. Non lo posso più vedere e mi sono rotto di sentire parlare di lui. Quando ho visto che giovedì le televisioni davano in diretta la sentenza, mi sono sentito male. Speravo in un’allucinazione, un colpo di calore e invece no, era tutto vero.
Il terzo riguarda invece “il nulla”. Come definireste voi la politica del governo Letta oppure la novità del M5S in parlamento oppure le diatribe noiose e retrive interne al PD oppure esistenza stessa del PdL?
Io non trovo nessuna migliore definizione se non “il nulla”.
E scrivere sul nulla, sapete, a meno che non siate filosofi cresciuti in Germania nella prima metà dello scorso secolo, non è cosa semplice. A me non riesce affatto e risulta tanto più difficile in momenti come questi in cui sarebbe il caso di lasciare stare le chiacchiere e passare ai fatti.
Eccovi spiegato il motivo della mia latitanza ed eccovi spiegato perché, per una volta, non parlerò del mondo delle idee della politica romana, ma di due casi diametralmente opposti in grado di dimostrare quale sia il vero motivo per cui l’Italia sia ridotta in questo modo eppure non sia ancora fallita ed il perché non ci possiamo lamentare se stiamo in questa situazione e se la classe politica è, come ho sempre detto, specchio di un popolino ignorante, di spalla tonda e spesso disonesto come siamo noi italiani.
Il primo caso riguarda Draghi. È passato circa un anno da quel whatever it takes che ha spento ogni velleità distruttiva in coloro che intendevano sgretolare l’euro soffiando sul fuoco della crisi del debito. Da alcuni giorni è uscito un report di JP Morgan che quantifica in circa 20 miliardi di oneri sul debito risparmiati dall’Italia a seguito della discesa e successiva stabilizzazione dello spread che si deve alle parole del governatore della BCE. Vi rendete conto quanti sono? Fate un po’ il conto con quanto pesano le manovre su IVA e IMU.
Poco da dire. Nemesi delle nemesi. È grazie ai mercati se l’Italia non è fallita. Grazie a Draghi ed a fattori esogeni, dunque, di è avuto un miglioramento del clima in Europa. Draghi, l’italiano Draghi aiutato dal fiume di denaro fluito verso il Vecchio Continente da Giappone e Stati Uniti, ha dimostrato di essere forte ed in grado di passare all’azione risparmiando a noi italiani un bel po’ di grattacapi per quest’anno.
Ma quanto potrà durare?
Poco, ed eccoci al secondo caso che riguarda ancora l’Italia e gli italiani, ma è – ahimé – antipodico.
Una pizzeria, non dirò quale, sulla costa tirrenica. Ci presentiamo in 3, di sabato sera, attorno alle 20.15. La struttura si trova all’aperto ed ha una ventina di tavoli tutti vuoti eccetto uno. Chiediamo cortesemente se ha posto per 3 persone per mangiare una pizza al volo visto che avevamo pure una certa fretta. La risposta è brutale quanto inaspettata: “No… Tutto prenotato. Non possiamo fare niente”. Vi sareste aspettati almeno un po’ di cortesia ed invece del turista italiano disposto a spendere – specie sempre più rara – non frega proprio. Anzi, peggio, lo si scaccia. Gli unici beni che davvero nessuno può rubare in questo paese sono cultura e turismo eppure non c’interessa trovare soluzioni per Pompei e neppure fare uno scontrino in più, anzi, preferiamo vivere nel nostro bozzolo e lamentarci col mondo perché viviamo in questo bozzolo che non ci dà aria né speranza. Non pretendevamo di mangiare in quella pizzeria come sappiamo che il problema Pompei non si risolve in un minuto, ma la cortesia, da un lato, è buona educazione e l’impegno, dall’altro, sono i primi e più potenti motori per l’accoglienza del turista.
Come si può pensare di uscire dalle sabbie mobili di questi anni se non siamo i primi ad impegnarci, se non ci proviamo, se non riconosciamo che il cambiamento deve partire da noi, se scacciamo il business, se non impariamo dagli esempi alti come quello di Draghi e non, invece, rifuggiamo il cattivo esempio che pervade ovunque le nostre terre?
Per risolvere tanti problemi basterebbe volerlo fare, ma l’Italia è un deserto di volontà, luogo di compromesso a ribasso (la sentenza di ieri docet!) e “uovi sodi” che non vanno né in su né in giù. 

Qualcosa si muove?

131056771-636a8189-b1aa-4f13-af8f-87442354675dIn queste prime settimane di maggio, mentre in Italia il nuovo governo perde già la bussola su IMU, rimborsi elettorali, processi al Nano, ius soli, ecc. e corre affrettatamente in ritiro dopo la prima di campionato, in Europa e nel mondo qualcosa si muove.

Sono stato colpevolmente silenzioso in questi ultimi giorni, ma credo di potermi sbilanciarci dicendo che qualcosa intorno a noi sembra inizi davvero a muoversi.

Sul lato finanziario, la fortissima sterzata della banca centrale giapponese e il flusso costante di denaro sui mercati pompato dalla Fed iniziano a mostrare i loro effetti. Si assiste ad una potente rotazione di asset class, un restringimento degli spread, un indebolimento dell’oro e parallelamente una forte ripresa dei corsi azionari che, in paesi come Stati Uniti e Germania, macinano un record dopo l’altro. Se sarà vera gloria o piuttosto questi saranno ricordati come i prodromi della super-bolla che molti stanno profetizzando, lo vedremo, è però vero che, per adesso, tutto ciò giova enormemente al nostro disastrato paese che oggi può risparmiare parecchi miliardi di oneri sul debito da un così netto assottigliamento degli spread e dal contagio di euforia che piano piano prende piede.

Sul lato economico e politico, il fatto veramente nuovo è che lo scontro tra austerici e fautori di modelli keynesiani si è fatto più che mai infuocato dopo che quest’ultimi hanno segnato un paio di gol agli avversari. Per dovere di cronaca, metaforicamente, potremmo dire che il primo è un autogol per un fortunato rimpallo, mentre il secondo è un gol segnato grazie ad un incredibile svarione difensivo. Andiamo con ordine. L’autogol è del buon Niall Ferguson che, in un impeto d’ira, scrive su Twitter che Keynes avrebbe avuto una visione tanto fatalista del futuro a causa della sua omosessualità. Il gran gol invece si deve ad un giovane studente americano, tale Thomas Herndon, che d’un sol colpo si beve (o sarebbe meglio dire “sputtana”!) due delle punte di diamante della disciplina “d’acqua dolce” dell’austerity: Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff. Questo baldo studente di economia, infatti, nel rifare i conti del celebre Growth in a Time of Debt, si accorge che i calcoli su cui poggia la tesi di fondo secondo cui dal dopoguerra ad oggi i paesi con alto debito pubblico (> 90% del PIL) sarebbero cresciuti meno degli altri sono totalmente sballati a causa di un’errata formula inserita nei fogli di calcolo utilizzati per lo sviluppo di questo bestseller mondiale.

Sullo sfondo di questo dibattito, che solo apparentemente è accademico, si riaccendono le tensioni italo-tedesche sull’asse Schäuble – Draghi. Il primo accusa il governatore della BCE di parteggiare per il suo paese natìo nel momento in cui il governatore inizia a prendere in considerazione la possibilità di creare una sorta di bad bank in seno alla BCE in cui far confluire ABS (asset backed securities) emessi dagli stati europei così da liberare liquidità da utilizzare come volano per la crescita. Come al solito, ai tedeschi non va giù che si possano cercare soluzioni che esulino dalla sterile riproposizione del mantra dell’austerità. Come al solito, e nei limiti del proprio mandato, Draghi si conferma un governatore interventista e, per adesso, i risultati gli danno ragione.

Come sempre predico, la prudenza è d’obbligo. Se sarà vera gloria lo vedremo più avanti, ma la primavera pare portare qualche barlume di ottimismo in questo nostro storto mondo.

Il pifferaio

C’era una volta un tizio.

Un quaraquaquà nel lessico di Sciascia.

Passavano gli anni, cambiavano i tempi eppure costui era sempre lì, pronto ad ingannare le folle con voce suadente e atteggiamento ammaliante. Le sue parole di volta in volta si rivelavano favole, promesse irrealizzate e irrealizzabili eppure… eppure… Le folle continuavano ad adorarlo ed inevitabilmente a votarlo.

Avete capito di chi parlo, vero? Bene, allora non c’è bisogno che vi dica chi è, tanto è grande il mio disgusto.

Facciamo così. Vi racconto un’altra storia. Vi racconto la vera storia degli effetti delle parole di quel tizio.

Guardate il grafico qui sotto:

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Ecco. Questo è il grafico dell’andamento del prezzo del nostro BTP a 40 anni. Il più lungo e di conseguenza meno soggetto all’emotività, alla volatilità che si deve a fatti, eventi e proclami che giorno dopo giorno accadono, ma che non incidono affatto sulla nostra storia. Come potete vedere con i vostri occhi a partire dall’estate di quest’anno, l’Italia ha guadagnato fiducia sui mercati. Il grafico è evidentemente ascendente, segno di un miglioramento del clima. Dobbiamo ringraziare Draghi, Monti, ma soprattutto tutti gli italiani che si sono votati al sacrificio in questi mesi. Insomma, è un fatto che oggi i mercati ci concedano maggior fiducia rispetto all’annus horribilis 2011.

Se guardate bene, però, ci sono 3 bolle in azzurro che evidenziano brusche rotture del trend ascendente. Volete sapere cos’è successo in quei giorni? Provate ad indovinare…

–          Metà ottobre: prima (ri)discesa del tizio in campo e primi veri scricchiolii nella fiducia al governo Monti.

–          Dicembre: colpo di mano del tizio che non vota la fiducia al decreto Sviluppo: il 20 dicembre Monti rassegnerà le dimissioni.

–          Fine gennaio: nel pieno della campagna elettorale, il tizio racconta la favola della restituzione dell’IMU, con annessi e connessi.

Ringrazio l’amico (“omertoso”) che mi ha raccontato questa (triste) storia e concludo mutuando le sue parole: “Questi son fatti non discorsi”. Speriamo che le folle, a questo giro, seguano qualcun altro (auspicabilmente al centro-sinistra), e non credano a quel nauseabondo pifferaio!

Una risposta alla massaia… con una valanga di debito sulla testa

Mezzuomo: “Hai visto, massaia. Il tuo amico B. è andato a Bruxelles e… Non l’hanno fatto neppure parlare, o quasi. Gli hanno dato il benservito, anzi, l’hanno proprio scaricato. Mossa inedita per un partito politico europeo come il PPE, che non è una struttura monolitica e che non aveva mai fatto prima ingerenze tanto forti nella politica del nostro paese.

Tanto più inusuale è poi l’endorsement di Monti, un tecnico, non iscritto al PPE (appoggio peraltro che viene anche da l’Economist, giornale tutt’altro che filo-popolare, e che ieri titolava “Run, Mario run”). Tutto ciò è la dimostrazione, anzi, la certificazione del fallimento del centro-destra italiano.

Ti confido che sono contento, sì, sono proprio contento, per una volta. Monti, da persona scaltra, difficilmente si calerà nell’agone, sapendo di perdere, ma tutto questo turmoil non fa che rimescolare le carte del conservatorismo italiano e, forse, per una volta fa il gioco del nostro paese che a questo punto non potrà che abbandonare il berlusconismo.

Io non lo voterei mai, ma sarei contento di confrontarmi con uno schieramento guidato da una persona tutto sommato corretta come Monti, a differenza di quel che pensa D’Alema.

Tu che ne dici? Sei d’accordo con me?

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Intanto, ieri, l’altro Mario, Draghi, è stato eletto Person of the Year dal FT ed, in effetti, credo che il premio sia strameritato. Piaccia o no, se ancora oggi lo spread è sotto controllo, ma soprattutto esiste ancora un’unione monetaria in barba alle cassandre d’oltreoceano (e non solo!), il merito è di Draghi, non certo dei governanti che, anzi, hanno fatto di tutto per farci rimpiangere i principi di mutualità, solidarietà e coesione europee.

Un altra riflessione… Oggi siamo a 2.000.000.000.000, sì, un due seguito da dodici zeri, duemilamiliardi di euro, il debito pubblico italiano. Trentatremila e passa euro a capoccia, sì, un 33 seguito da cinque zeri. Sarà il caso di rilanciare la crescita, in ottica di spending review, cominciando magari ad alienare un po’ di roba ed abbattere un po’ di questo debito (altrimenti inesigibile, diciamocelo francamente) magari trovando un tesoretto da destinare al rilancio, quello vero?”

Storie di ordinaria ipocrisia

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Altro che casta.

Qui siamo di fronte a veri e propri farabutti.

La regione Lazio, Wow! La regione dei record. 21 gruppi consiliari, più di quanti non ce ne siano in parlamento. Uno di essi, il gruppo Misto che misto non è perché costituito da un unico consigliere… Mah?!? Che costui soffra di personalità multiple. La regione che moltiplica le spese in tempi di crisi e concede carta bianca (ma “solo” fino a 100.000 € l’anno ai consiglieri, sia chiaro) anzi carta moneta con la firma di Draghi ai propri eletti. La regione che ha ancora auto blu per la commissione “grandi eventi e olimpiadi”… Sì, olimpiadi, avete sentito bene.

Insomma, la Polverini che prima dice sì e poi no, “Er Batman” che va da Vespa (che pure gli dà voce, maledetto lui!) e dice che tutti i consiglieri regionali prendono uno stipendio “e” un rimborso che viene dai gruppi consiliari, il PdL che nega tutto fino all’evidenza e anche oltre in stile “club dei migliorissimi” e Silvio che catarticamente chiede alla principessa Polverini di “Resistere! Resistere! Resistere!”

No, ma questa è follia.

E intanto in Parlamento… La Repubblica delle banane ci fa un baffo. Ieri alla Camera passa una legge contro la revisione contabile esterna dei bilanci dei partiti, poi ci si accorge della cazzata e si fa dietrofront (come un bambino beccato con le dita in un vasetto di Nutella…). Oggi poi per la prima volta dall’unità d’Italia si è costretti a sospendere i lavori in Senato perché non c’era il Presidente e non c’erano i due vice… anzi… Uno/a c’era… Peccato che dopo alcuni minuti se ne dovesse andare “per impegni improrogabili”.

No, ma che dico! Questa non è follia. Siamo noi i cretini che ancora votiamo e paghiamo questa gente.

Via, meglio che stia zitto, potrebbe fermarsi la mia digestione.

Tutto è come prima

Si rientra dalle ferie.

Quest’anno forse più che in passato di ferie ce n’era proprio bisogno.

Fuori dall’Italia eppure ad un passo dallo Stivale, niente internet, tv, giornali, solo riposo. Tanto riposo.

Si rientra sperando che qualcosa sia cambiato, eppure, come sempre, l’attesa e la speranza si spengono in un attimo.

Non è cambiato nulla sotto il sole italico, del resto me lo dovevo aspettare.

Ma perché non son rimasto in ferie?

Stesse sterili discussioni. Monti-bis sì, Monti-bis no. Proteste per il lavoro che non c’è. Super Mario Draghi che ci mette la faccia e non solo. Grillini a ruota libera. PD… Chi è? Dov’è? Chi l’ha visto? Lifting dell’UDC? No, è solo che Casini ha cambiato il fornitore di cerone. PdL? Già, quello non c’era neanche prima.

E poi?

Sempre il solito sole ed il caldo opprimente.

Quando arriva l’autunno?

Qualcosa d’interessante eppure ci sarebbe, ma è di là dall’Atlantico. La campagna presidenziale USA è nel vivo e, se non ho letto male, il discorso con cui Clinton alla convention democratica a Charlotte ha dato il suo pieno appoggio ad Obama (il famoso endorsement) ha fatto un figurone ed è stato un successo di quelli da segnare negli annali.

Ecco, per lo meno ho trovato qualcosa di veramente interessante da andare a leggere.

Buonanotte a voi tutti.

Parole Parole Parole

Parole parole parole, soltanto parole…

Così potremmo riassumere la giornata.

Un’ennesima occasione mancata o qualcosa di nuovo sotto il sole?

Partiamo con ordine. Partiamo dalle parole e dai fatti che ne sono seguiti.

Alle 13.45 viene pubblicata la decisione della BCE di non modificare i tassi, alle 14.30 parla Draghi… Ed i mercati non la prendono molto bene, per usare un eufemismo.

Perché tutto ciò? Cosa ha detto e cosa NON ha detto quel Mario? Cosa si aspettava il mercato?

Come ho detto, partiamo dalle parole. Draghi ha rinnovato la minaccia. L’Euro è irreversibile e la BCE farà whatever it takes. “Farà”… “whatever”… verbi al futuro, termini generici… Tutto ciò non piace agli operatori del mercato che, senza pensarci neppure troppo su, vendono e vendono e ancora vendono tonnellate di asset denominati in Euro. Da lì il crollo. Crollano le borse e crolla la moneta (e questo forse per l’asfittica economia italiana proprio male non è, ma questa è un’altra parte della storia).

Ora, lungi da me un’analisi filologica o un’interpretazione oracolare delle parole del Governatore, ma è un fatto che abbiamo assistito al più classico caso di sell on news, perché in effetti la news, la notizia, è una non-notizia. Quanto ci ha detto oggi Draghi già lo sapevamo, o forse no? Certo, sapevamo che nel board della BCE è maggioritaria ormai la voce (ed il voto) di coloro che intendono intervenire, sappiamo che solo la Bundesbank non vuole riattivare gli strumenti non convenzionali atti al raffreddamento degli spread, quel che però non sapevamo è che Draghi lasciasse campo libero agli assalti della speculazione estiva che, com’è noto, ha ampi margini di manovra quando c’è volatilità e bassi volumi, come accade generalmente in agosto.

Perché allora tutto ciò? Perché prestare il fianco ad una sempre più probabile fuga di capitali dalla Vecchia Europa? Ecco, io credo che Draghi abbia voluto dare un segnale forte alla politica europea. Solo a Bruxelles si possono decidere le sorti del continente. Solo a Bruxelles è possibile emendare lo statuto del nascente meccanismo europeo di stabilità (ESM), in modo che questo soggetto possa, con un’eventuale licenza bancaria, intervenire attivamente sui mercati secondari e finanziarsi presso la BCE, come fanno le normali banche. Solo una cessione di sovranità a Bruxelles potrà scongiurare il ripetersi di scelte di politica economica scelerate come quelle che abbiamo visto in Grecia, in Spagna e perché no in Italia.

Insomma, valutare le parole parole parole (soltanto parole…) di Draghi di oggi, non è facile, ma voglio essere ottimista. Voglio pensare che non tutto il male venga per nuocere e che, anzi, Draghi volesse proprio sfruttare un’accelerazione netta e cattiva al ribasso dei mercati per far capire ai politici che il cerino in mano ce l’hanno pur sempre loro.

Sarà davvero così? Non lo so, ma non vedo perché non sperarci, in fondo, non ci sono alternative… Se non le funi del cielo…

The dark side of the Force

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Mettetela come volete, ma ho proprio l’impressione che il “lato oscuro della forza” abbia annebbiato le menti dei policy makers europei e non solo.

Capisco che le industriose formichine teutoniche e nordiche si finanzino a tassi zero sulle spalle delle cicale sperperatrici del sud, ma prima o poi l’inverno arriverà anche per loro. Le cicale tra poco non avranno più monetine cosicché smetteranno di comprare i bund tedeschi. Se non fosse che è in gioco la vita di ciascuno di noi, tutto quel che sta accadendo in Europa negli ultimi giorni sarebbe quantomeno ironico.

La Germania è sparita. La Merkelona si sta preoccupando solo di non prendere una sberla troppo forte alle elezioni della prossima primavera.
La BCE è sparita, ma non posso e non voglio credere che abbia Draghi abbia le mani così legate quanto qualcuno vuol farci credere.
La Grecia ci chiede di dimenticarci di lei almeno fino al 2014.
La Catalogna in crisi di liquidità chiede ossigeno a Madrid… Che ha le bombole vuote (od al più ipotecate per comprare Cristiano Ronaldo!)… Che suona al campanello della BCE dove qualcuno risponde al citofono con un “Mario non c’è, è uscito”.
Per non parlare della querelle tutta italiota tra Sicilia e governo centrale, tra Lombardo e Roma Ladrona… Della serie “da quale pulpito…”.

Ed in questo gran polverone, con Milano e Madrid sull’orlo del collasso con azioni a saldo che non trovano più un floor ed una continua emorragia di capitali, ecco l’uovo di Colombo dei regolatori: vietiamo lo short sui titoli bancari. Attenzione però, non lo short in sé, lo short “di tutti”, solo lo short “di alcuni”. Ecco, bene, provate a chiedervi chi paga le perdite dei pesci grossi. Il solito parco buoi, as usual.

Bravi, non c’è che dire! Ora sì che siamo a posto! Così sì che si riconquista la fiducia!

Ora, io mi domando, possibile che chi ci guida, chi ci comanda in ogni ambito della nostra vita di privati cittadini sia così inetto da non accorgersi dei risvolti delle proprie azioni? Possibile che l’incompetenza sia il minimo comune denominatore del potere?

Siccome mi rifiuto di crederlo, allora DEVE esserci dolo, DEVE esserci una qualche volontà nel perseguire scelte che vanno contro gli interessi di noi poveri mortali.

Ho paura e non ve lo nascondo.

Ci stiamo arrampicando su uno specchio?

Nei giorni più freddi dell’anno, con l’Europa spazzata dai venti dell’est, si hanno i primi segnali di un cambio di stagione.

Con questo, ovviamente, non fate il cambio degli armadi!

Come ribadito dalle principali testate economiche mondiali, possiamo azzardarci ad affermare – con molta cautela – che non siamo più esattamente nel mezzo del guado e che cominciamo a vedere l’altra sponda.

Ma com’è possibile? Cos’è cambiato in modo così rilevante da poter giustificare affermazioni del genere? Semplicemente niente, o almeno così sembra. Come si può sostenere che la situazione sia mutata a tal punto da rivoltare le prospettive macro per l’Ue?

Ammesso e non concesso che io sia d’accordo con questa analisi, in questi giorni è un fatto che i toni delle dichiarazioni dei vari policymakers, ma soprattutto l’andamento dei mercati degli ultimi giorni, hanno mostrato un evidente cambio di stagione, indipendentemente dalle querelle sempre poco piacevoli che vediamo in Italia. Il perché comunque non è facile da individuare, non è così evidente come un semplice cittadino come me o come voi potrebbe aspettarsi. Vediamo di elencare in poche parole quali sono le operazioni positive ed effettivamente realizzate che ci fanno pensare di essere “oltre la metà dell’inverno”. Anzitutto, la pragmaticità di Draghi e del suo LTRO, la velocità di reazione del nuovo governo italiano, il progetto (discutibile) di fiscal compact europeo, la riduzione degli spread ed il relativo minor onere del costo del debito, la probabile soluzione (temporanea) al problema del default greco, la leggera ma costante crescita mese dopo mese degli occupati negli USA, l’interesse dei BRICS nel salvataggio dell’EZ.

Non sono affatto sicuro che questi dati di fatto siano sufficienti a farci sentire più confidenti riguardo al futuro, eppure il mondo attorno a noi sembra accogliere molto più favorevolmente di quanto non faccia io il mutare della situazione attorno a noi. Come me, e molto più autorevolmente di me, la pensano molte “Cassandre” della platea economicopolitica eppure le borse che generalmente anticipano i movimenti nell’economia reale sembrano scommettere che il 2012 seppure mostrerà un’effettiva contrazione nel PIL mondiale sarà l’anno della svolta e dell’inizio di una nuova primavera.

Bah, continuo ad essere dell’idea che finora abbiamo semplicemente riempito il serbatoio di un’auto guasta. Spero sinceramente di sbagliarmi, non vorrei che stessimo cercando di arrampicarci su uno specchio!

Un motivo in più per stare con Monti

Oggi sul Financial Times è uscito un articolo il cui titolo mi ha incuriosito: “Europe rests on Monti’s shoulders”.

Ho iniziato a leggerlo e, una volta tanto, si è risvegliato in me l’orgoglio di avere, dopo molto tempo, un Presidente del Consiglio credibile al punto da portare una vera ventata di ottimismo fin nella City dove, com’è noto, non siamo mai stati molto amati e rispettati.

Come è già successo, vi tradurrò le parole contenute nell’articolo di Philip Stephens, certo di dare uno spunto di riflessione anche a voi.

Magari, dopo aver letto l’articolo, potrete come me ingoiare l’amara medicina storcendo un po’ meno il naso.

L’Europa sta in piedi sulle spalle di Monti

L’Italia è tornata. Angela Merkel sta in testa alla classifica del potere in Europa. Il francese Nicolas Sarkozy può vantarsi di essere il leader più energetico del continente. Mario Monti è il più interessante. Dopo un’assenza durata un paio di decadi, l’Italia è ritornata sul palco. Il destino di Monti potrebbe essere il destino dell’intera Europa. Qualche giorno fa la Casa Bianca ha affermato che Monti a breve incontrerà Obama e descrivere questo annuncio come caloroso è quanto meno eufemistico. Monti ed il presidente americano discuteranno “dei provvedimenti generali che il governo italiano sta approntando per ristabilire la fiducia dei mercati e rinvigorire la crescita attraverso riforme strutturali, nell’ottica di un’espansione della difesa finanziaria dell’EZ”. Traducete e leggerete tra le righe che “il presidente Obama sta dietro a Monti in tutti i sensi, anche quando questi mette pressione alla signora Merkel”.

C’è stato un tempo in cui l’Italia aveva qualcosa da dire in Europa. Gli Italiani sono stati campioni nel grande sforzo di integrazione degli anni Ottanta. Il summit di Milano del 1985 fornì la spinta verso il mercato unico. Cinque anni dopo in un meeting a Roma si approntò la tabella di marcia per l’entrata in vigore dell’Euro. Questo fornì le condizioni per la caduta di Margaret Thatcher: il suo “No, No, No” alla moneta unica portò allo scontro nei Tories. Per quanto possa apparire strano, un tempo i Conservatori inglesi erano per la maggior parte europeisti.

L’era di Silvio Berlusconi ha messo fine all’influenza italiana. Sebbene egli avesse sempre ricevutoo un caloroso benvenuto da Vladimir Putin, i principali leader europei lo hanno sempre evitato in quanto era visto come fonte d’irritazione ed imbarazzo. Monti, un accademico serio con un piano altrettanto serio, è differente secondo tutti i punti di vista. Berlusconi faceva rozze battute sulla signora Merkel, Monti parla con lei di questioni economiche.

C’è un altro italiano, poi, al tavolo principale. Mario Draghi – l’altro Mario – ha fatto suoi i titoli delle principali testate nella sua ancora breve presidenza della BCE. Per quanto voglia l’ortodossia economica, egli ha presentato se stesso come un vero tedesco. Sebbene la sua direzione abbia lanciato una grande operazione di rifinanziamento, una sorta di quantitative easing, egli è riuscito a scaldare il sistema bancario ed ha portato una relativa calma sulle piazze finanziarie. L’argine della BCE non sarà permanente, ma ha creato spazio per i politici per negoziare il prezioso accordo fiscale caldeggiato dalla signora Merkel.

Per quanto ci siano ancora grosse nubi sulla Grecia, ci sono segnali che la crisi dell’Euro sia passata almeno dalla fase acuta a quella cronica. La questione è tutta sulle spalle di Monti dato che le prospettive di lungo termine dell’Euro si decidono proprio in Italia. Se la Grecia dovesse cadere sul lato della carreggiata, Spagna, Portogallo ed Irlanda si troverebbero proprio sulla linea di fuoco, ma sarà l’Italia il vero snodo della questione. Se la terza più grande economia dell’EZ non riuscirà a tracciare un percorso economico credibile, l’Euro inteso come progetto pan-europeo non avrà un futuro.

Monti ha una coppia di assi nella manica. Le misure di austerità si stanno già rivelando impopolari, ma i politici italiani eletti non mostrano di essere in gran forma. Berlusconi spara dalle retrovie, ma la sua coalizione di centro destra sarebbe distrutta d’un colpo in un’elezione a breve termine. Monti può quindi pensare di avere un altro anno a disposizione, fino alle elezione della primavera del 2013, per approntare la sua strategia e farla correre. La seconda carta che Monti può giocarsi è di poter parlare francamente al potere politico tedesco. Il suo curriculum di riformatore liberale, affermatosi nel corso degli anni alla Commisione Europea, è indiscutibile. La sua condotta mette in discussione lo stereotipo dell’uomo del sud-Europa come inconcludente e pigro. E Obama lo appoggia quando Monti afferma alla signora Merkel che il rigore indefinito potrebbe trasformare il patto fiscale in un vero e proprio suicidio.

Sospetto al contrario che Sarkozy soffra l’intrusione di Monti. Il presidente francese non è uno da condividere le luci della ribalta. Finora Parigi si è avocata la leadership nel patto franco-tedesco, ma, in realtà, la chimica tra il presidente francese ed il cancelliere tedesco è tutt’altro che buona. Come spesso succede, adesso Sarkozy ha più interesse per il successo di Monti più che del suo. Sebbene abbia incontrato le élite francesi al recente colloquio anglo-francese, non credo molto nella loro insistenza nella sopravvivenza dell’Euro come di un fatto essenziale. Quello che intendono, penso, è che un’eventuale rottura della moneta unica vedrebbe la Francia costretta nell’Europa di serie B così da privarla di ogni rimanente velleità sul piano dell’influenza globale.

Non ci sono garanzie che Monti abbia successo. Grandi tagli alla spesa e l’incremento nella tassazione sono una cosa, ma la vera sfida è rappresentata dalla liberalizzazione dell’economia. Su questo piano egli deve confrontarsi con un coacervo di attività che chiudono (o chiuderanno), pratiche restrittive e cartelli “affittasi”. Questa settimana le città italiane sono state gettate nel caos dallo sciopero dei tassisti e dei camionisti. Avvocati, farmacisti e distributori di benzina affilano le armi contro il piano che prevede di cancellare i loro privilegi. Non sarà facile. Queste scelte sono inevitabili. Il dibattito sul futuro dell’EZ èdisperatamente polarizzato. Da un lato stanno coloro che credono che l’impresa potrà aver successo soltanto se il cattolico sud-Europa assorbirà la cultura protestante del nord fatta di parsimonia e duro lavoro. Dall’altra stanno coloro che credono che l’unica via verso il successo sia convincere i tedeschi a spendere ed indebitarsi di più sottoscrivendo i debiti dei loro vicini del sud. Entrambi i ragionamenti, purtroppo, sono però completamente ingenui. La sfida che affronta l’Europa cristallizzata dalla crisi dell’Euro è di adattarsi in un mondo in cui il Vecchio Continente non è più in grado di dettare i rapporti commerciali.

Politici ed economisti possono argomentare tutto quello che vogliono riguardo ai meriti e demeriti della svalutazione e affinamento del bilanciamento tra rettitudine fiscale e supporto della domanda, ma l’unica vera questione è se l’Europa possa davvero competere in un mondo in cui l’Occidente non avrà più la grande influenza del passato ed è proprio in quest’ottica che quello che sta facendo Monti in Italia conta davvero.