Certo però che se non riesci a farne neppure una sarebbe il caso tu abbandonassi il mestiere di pasticcere. O sbaglio?
Signori, non è il caso di andarci per il sottile. Il triste spettacolo che si sta consumando nelle ultime 24 ore è lo sgretolamento dell’unico partito progressista italiano. E di questo sono molto addolorato ed incazzato.
I sintomi della malattia erano nell’aria da tempo, ma nelle ultime ore siamo arrivati allo stato terminale.
Bersani, o chi per lui, visto che ultimamente appare come il celebre vaso di coccio tra migliaia di ferro, ha inesorabilmente perso la bussola tanto che ogni direzione scelta si è rivelata quanto mai sbagliata. Chi sta sul mercato, ad esempio, impara sulla propria pelle che al peggio non c’è mai fine e che quando tutti cominciano a vendere si deve essere celeri ad abbandonare le proprie posizioni per non restare con il cerino in mano, o, peggio, con nient’altro che un pugno di mosche. Pierluigi Bersani questo non l’ha capito e, ahimé, ormai è e sarà per sempre additato come il leader che ha portato allo sfascio il Partito Democratico come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi. Non è affatto detto che quest’entità non possa riformarsi, ripartire e magari vincere le elezioni un domani, ma è una certezza che il PD che abbiamo visto finora non sarà più lo stesso dopo l’insanabile spaccatura intorno al nome di Marini che è emersa a partire dalla serata di ieri.
Potremmo fare tanta dietrologia, ma non si ragiona con i se. Ex-post tutti credono di poter pontificare su quello che sarebbe stato meglio fare, ma non è bello né giusto ragionare senza essere propositivi, additando le altrui responsabilità e lavandosi pilatescamente le mani.
Domani a quest’ora probabilmente avremo un nuovo Presidente della Repubblica. Magari sarà pure un buon presidente. Un presidente in grado di rappresentare tutti e sufficientemente abile da sparigliare le carte e rimettere questa spenta locomotiva sul giusto binario, ma, sinceramente, non sono così fiducioso.
Nel mio piccolo, comunque, vorrei dare un modesto contributo. Dopo questo bailamme, cercando di “leggere la pancia” di elettori ed iscritti, credo che grosse differenze tra i nomi di Zagrebelsky, Chiamparino, Rodotà, Veltroni o Prodi non ci siano. Quel che vogliamo vedere è la condivisione di un nome tra chi la pensa in modo simile a noi e non con chi è il primo responsabile dello sfascio in cui ci troviamo. Non conta più cercare mere rendite di posizione, vincere o perdere attorno ad uno di questi nomi, conta solo prendere una decisione chiara, dare una risposta a chi ha votato centro-sinistra e per estensione agli italiani tutti, che sono sempre più in difficoltà e non hanno assolutamente altro tempo da perdere. Non ce ne frega una mazza delle formule, non c’interessa se il nuovo presidente avallerà un governo di scopo, un governissimo, un governicchio o piuttosto taglierà la testa al toro e ci rimanderà tutti ad infilare un paio di schede in scatole di cartone ciascuno nella propria sezione elettorale.
Nel Risiko del mondo ormai non siamo che una periferia da conquistare e se non vogliamo che il cinismo altrui ci divori definitivamente dobbiamo avere la possibilità di rimboccarci le maniche ed iniziare quella dura e faticosa (ri)costruzione che ha come precondizione la scelta del capo dello stato e del nuovo esecutivo, da cui, volenti o nolenti, non possiamo prescindere.
Dunque, Pierluigi, se le ciambelle non sono il tuo forte, rassegnati. Vai in pasticceria e comprane per tutti. Sarebbe quanto di meglio tu potessi fare.