Archivi tag: Rodotà

Ho visto un re

NAPOLITANObis-580x474Nella giornata di ieri, si è celebrato l’assurdo.

Siamo riusciti in ciò che nessuno aveva fatto prima. Siamo riusciti, ahimé, a rendere reale un ossimoro, figura retorica che notoriamente accosta termini antitetici. Siamo riusciti a realizzare la prima monarchia presidenziale. Dovremmo candidarci per il Nobel, sì, bèh, ma quale? Letteratura o Politica?

Scegliamo Politica. Nessuno può imitarci.

Ebbene. In giornate convulse come queste, mi riesce difficile ragionare razionalmente. Mi resta difficile mantenere il distacco, sopprimere il sentimento e sforzarmi di capire le scelte che ci hanno portato al disastro di questi ultimi giorni.

Nonostante questo, vorrei cercare, al solito, di dire la mia. Vorrei analizzare la situazione da due punti di vista. Da italiano, in primo luogo, e da elettore convinto del PD, in secondo.

Da italiano… Mi vergogno di esserlo e la cosa che fa più male è che questa volta mi vergogno come quando a scuola mi presentavo alle interrogazioni senza aver aperto alcun libro. Sono stati proprio “i miei” i primi responsabili ad averci reso lo zimbello dell’Europa e del mondo tutto. Da italiano, voglio dire ancora due parole. La rielezione di Napolitano per me è un grosso errore, per quanto ritenga Re Giorgio l’unico eletto ad essersi dimostrato all’altezza del complesso ruolo che ha svolto in questi anni. Sì, potrete dire che politicamente non saremmo usciti dall’impasse e che oggi non ci sarebbero bastati i 23 scrutini che servirono ad eleggere Giovanni Leone per trovare una quadra, ma è un fatto che serviva il cambiamento. E questo cambiamento non c’è stato. Da italiano, poi, mi vergogno di una democrazia in cui chi perde – comunque la si guardi – urla al colpo di stato e marcia su Roma, salvo poi, tardivamente, innestare la retromarcia. Da italiano mi vergogno della pochezza di una classe politica ottusa che non si accorge che i problemi del paese sono prima di tutto fuori dalle stanze dei bottoni. Da italiano, infine, mi vergogno di me e dei miei connazionali in quanto, come ho sempre sostenuto, la classe politica è lo specchio del paese, i primi politici siamo noi, sono le nostre scelte ed il nostro modo di condurre la vita di tutti i giorni.

Da elettore del PD… Mi vergogno se possibile ancora di più. Mi vergogno dell’ipocrisia dei 100 e passa cecchini che hanno affossato Prodi. Che ci fosse dietro la lunga mano di D’Alema o, com’è più probabile, si trattasse di più teste pensanti e/o più correnti poco cambia oggi. Il partito è morto e trovare la pistola fumante non credo possa dare sollievo agli elettori delusi. Com’è mio solito non voglio stare a pontificare su quello che sarebbe stato meglio fare. Semplicemente, dopo tutte le cazzate messe in fila, dopo il madornale errore Marini, il colpevole naufragio cui abbiamo destinato l’incolpevole Prodi e la pochezza del segretario Bersani e della segreteria tutta, non riesco a capire perché non abbiamo scelto di votare per Rodotà, uomo da tempo fuori dalle fazioni e di sicure speranze al Colle più alto. E non mi si dica che è stato per non rincorrere i pentastellati o quant’altro perché avrei centomila motivazioni per rispondere ad una tale obiezione.

Cosa resta dunque da questo “epico” week-end?

Da un lato resta un PD morto che, io credo, se non già dal primo congresso, a tendere andrà verso un’inevitabile e dolorosa scissione, tra una parte socialista, più vicina ai laburisti ed al PSE ed un’altra, che potremmo forse chiamare “democratica”, che si avvicinerà inevitabilmente al centro. Sebbene i tempi di questo gran sommovimento saranno scanditi dalle scelte di Re Giorgio e, forse, dall’impianto di una nuova legge elettorale.

Dall’altro, più importante, resta l’Italia. Un paese ancor più lacerato ed in difficoltà abbandonato in un universo parallelo che riparte dall’anno 1946 e sceglie la monarchia senza passare dal referendum e dunque senza che si possa compiere il salvifico intervento degli americani. Sentiremo quanto ci dirà domani Re Giorgio nella speranza che assuma un (a)tipico incarico “a tempo” e “di scopo” (parola che ora va tanto di moda!) e staremo a vedere.

Vi lascio con una domanda. Che si stesse meglio quando si stava peggio?

Non tutte le ciambelle…

ellekappa6… Riescono col buco.

Certo però che se non riesci a farne neppure una sarebbe il caso tu abbandonassi il mestiere di pasticcere. O sbaglio?

Signori, non è il caso di andarci per il sottile. Il triste spettacolo che si sta consumando nelle ultime 24 ore è lo sgretolamento dell’unico partito progressista italiano. E di questo sono molto addolorato ed incazzato.

I sintomi della malattia erano nell’aria da tempo, ma nelle ultime ore siamo arrivati allo stato terminale.

Bersani, o chi per lui, visto che ultimamente appare come il celebre vaso di coccio tra migliaia di ferro, ha inesorabilmente perso la bussola tanto che ogni direzione scelta si è rivelata quanto mai sbagliata. Chi sta sul mercato, ad esempio, impara sulla propria pelle che al peggio non c’è mai fine e che quando tutti cominciano a vendere si deve essere celeri ad abbandonare le proprie posizioni per non restare con il cerino in mano, o, peggio, con nient’altro che un pugno di mosche. Pierluigi Bersani questo non l’ha capito e, ahimé, ormai è e sarà per sempre additato come il leader che ha portato allo sfascio il Partito Democratico come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi. Non è affatto detto che quest’entità non possa riformarsi, ripartire e magari vincere le elezioni un domani, ma è una certezza che il PD che abbiamo visto finora non sarà più lo stesso dopo l’insanabile spaccatura intorno al nome di Marini che è emersa a partire dalla serata di ieri.

Potremmo fare tanta dietrologia, ma non si ragiona con i se. Ex-post tutti credono di poter pontificare su quello che sarebbe stato meglio fare, ma non è bello né giusto ragionare senza essere propositivi, additando le altrui responsabilità e lavandosi pilatescamente le mani.

Domani a quest’ora probabilmente avremo un nuovo Presidente della Repubblica. Magari sarà pure un buon presidente. Un presidente in grado di rappresentare tutti e sufficientemente abile da sparigliare le carte e rimettere questa spenta locomotiva sul giusto binario, ma, sinceramente, non sono così fiducioso.

Nel mio piccolo, comunque, vorrei dare un modesto contributo. Dopo questo bailamme, cercando di “leggere la pancia” di elettori ed iscritti, credo che grosse differenze tra i nomi di Zagrebelsky, Chiamparino, Rodotà, Veltroni o Prodi non ci siano. Quel che vogliamo vedere è la condivisione di un nome tra chi la pensa in modo simile a noi e non con chi è il primo responsabile dello sfascio in cui ci troviamo. Non conta più cercare mere rendite di posizione, vincere o perdere attorno ad uno di questi nomi, conta solo prendere una decisione chiara, dare una risposta a chi ha votato centro-sinistra e per estensione agli italiani tutti, che sono sempre più in difficoltà e non hanno assolutamente altro tempo da perdere. Non ce ne frega una mazza delle formule, non c’interessa se il nuovo presidente avallerà un governo di scopo, un governissimo, un governicchio o piuttosto taglierà la testa al toro e ci rimanderà tutti ad infilare un paio di schede in scatole di cartone ciascuno nella propria sezione elettorale.

Nel Risiko del mondo ormai non siamo che una periferia da conquistare e se non vogliamo che il cinismo altrui ci divori definitivamente dobbiamo avere la possibilità di rimboccarci le maniche ed iniziare quella dura e faticosa (ri)costruzione che ha come precondizione la scelta del capo dello stato e del nuovo esecutivo, da cui, volenti o nolenti, non possiamo prescindere.

Dunque, Pierluigi, se le ciambelle non sono il tuo forte, rassegnati. Vai in pasticceria e comprane per tutti. Sarebbe quanto di meglio tu potessi fare.