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Il crepuscolo degli “austerici”?

Concentrato com’ero in questi giorni sulle italiche vicende, ho taciuto – colpevolmente – riguardo ad un evento che forse, e dico forse, potrebbe nel medio-lungo periodo mettere un freno al declino cui tutti stiamo assistendo.

L’evento in questione è la rielezione di Obama.

Come saprete il 6 novembre scorso Obama ha vinto le elezioni americane assicurandosi così altri 4 anni di governo degli Stati Uniti.

Ecco, per quanto in questi giorni la politica americana verta tutta e solo sul tentativo di scongiurare il fiscal cliff, quel baratro fiscale in cui è stata ficcata dal secondo scellerato mandato di Bush, il fatto che Obama si sia garantito un secondo mandato, a mio modo di vedere, può essere l’unico barlume di speranza per scongiurare il predominio di quelli che Krugman (economista premio Nobel) chiama “austerici” e l’impatto delle loro politiche depressive.

Ormai è un fatto acclarato che in Occidente la dottrina economica dominante sia il rigore, ovvero il tentativo, che finora si è rivelato devastante, di rianimare un infartuato con un grappino, per usare una metafora calzante. In America come in Europa si è pensato di risolvere il problema del debito, deflagrato dopo la crisi subprime, riducendo forzosamente le spese statali e imponendo un’elevata tassazione sui cittadini. Il risultato, ahimé, è sotto gli occhi (e nelle tasche…!) di tutti, la domanda aggregata è crollata, la disoccupazione galoppa e le economie occidentali stagnano, o peggio, crollano.

In questo quadro desolante, un presidente democratico che abbia dalla sua altri quattro anni di mandato, non abbia l’assillo della rielezione e abbia sotto gli occhi i risultati tutto sommato deludenti del quadriennio precedente, potrebbe essere la soluzione.

Se andate indietro di oltre un anno, abbiamo parlato diffusamente di politiche economiche non convenzionali (vi rimando al post “Siamo dannatamente fottuti?” dell’agosto 2011), ecco, forse oggi, con una situazione ancor più grave e incancrenita di un anno fa, Obama potrebbe rappresentare la speranza di ribaltare quel pensiero dominante che offusca le menti di policy makers, giornalisti e uomini della strada.

L’austerità non è la soluzione e Obama è l’unico che, nonostante le barricate che troverà al Congresso, possa accendere la luce sugli errori che i governi occidentali stanno perpetrando ormai da troppo tempo. Lo Stato serve e serve tanto più in depressione, quando la domanda che viene dai cittadini è modesta se non assente, la fiducia è sotto i piedi e non ci sono player a livello globale in grado di assorbire l’output dell’economia occidentale.

Per l’Europa sarà una questione ancor più difficile rispetto all’America, ma il “presidente nero” potrebbe ri-cominciare a fare da esempio innescando quel circolo virtuoso che nella storia ha permesso all’Occidente di uscire dalle situazioni più difficili.

Barack, ascolta Christina Romer, che conosci molto bene:

“Le evidenze dimostrano più che mai che la politica fiscale conta; che lo stimolo fiscale aiuta l’economia a creare nuovi posti di lavoro; e che la riduzione del deficit di bilancio rallenta la crescita, quantomeno nel breve periodo. Eppure, queste evidenze non sembrano trovare riscontro nel processo legislativo”.

e infine Krugman:

“Ciò che impedisce la ripresa è una mancanza di lucidità intellettuale e di volontà politica. Ed è compito di tutti coloro che possono fare la differenza […] fare tutto ciò che è in loro potere per rimediare a quella carenza. Possiamo mettere fine a questa depressione: dobbiamo reclamare politiche che vadano in quel senso, a partire da oggi stesso”.

Barack, regalaci una speranza cui aggrapparci, fa che il 2013 sia l’inizio del crepuscolo degli austerici.

Dire le cose come stanno

Potreste obiettare che questa mia affermazione è contraddittoria, che sia una specifica forma di quelle generalizzazioni tipiche del modo di riflettere dell’italiano medio. Bhè, avete ragione.

Ecco, allora basta con questi discorsi fumosi. Andiamo al concreto.

È in momenti difficili come questo che dobbiamo impegnarci più che mai a fare pulizia.

Monti si muove in due direzioni in questi torridi giorni agostani. Modi e tempi per un taglio drastico del debito fatto di cessioni una tantum e strutturale revisione della spesa e misure concrete per la crescita nel breve-medio periodo. Misure in teoria epocali e ambiziose, ma destinate a fallire se non condite da vere misure di equità nei confronti di quei 2/3 di italiani virtuosi ed un parallelo e brutale “lavaggio del cervello” per quel rimanente terzo di “parassiti” sociali.

Sì perché oggi più che mai dobbiamo dire le cose come stanno. Dobbiamo affermare con forza che le misure di austerità sono state pagate solo dagli italiani virtuosi e che la depressione di questi tempi è dovuta principalmente al prelievo straordinario operato sui lavoratori dipendenti di questo paese. Risvegliare la nostra economia è possibile. Per farlo è necessario rilanciare i consumi interni (visto che le esportazioni tutto sommato male non vanno), cosa possibile solo mettendo più soldi in tasca a coloro che sono stati sovratassati. Ben venga dunque in tempi brevi l’auspicato taglio dell’IRPEF (per quanto Monti stia ritrattando giusto in queste ore!), ben venga la vendita di una serie di beni immobiliari dello Stato che sarebbero destinati a diventare ruderi e ben venga la patrimoniale per i ricchi, alla faccia di quell’antipatico di Grilli che la esclude ritenendo di averla già applicata.

E ancora, dire le cose come stanno, significa dire ai nati tra la metà dei Settanta e la fine degli Ottanta che non potranno oggettivamente avere quel che hanno avuto i propri genitori, dovranno anzi rimboccarsi le maniche ed essere disposti al sacrificio in modo che almeno le generazioni successive possano avere una speranza di star meglio. I figli di questa crisi forse nasceranno con gli anticorpi, ma solo se chi la crisi oggi la vive davvero se li farà.

Infine, il capitolo più spinoso. Chi non rema in questa direzione, chi vive alle spalle degli altri, deve pagare.

Basta con il buonismo, basta con le falsità.

Basta con il dire che combattere l’evasione in periodi di crisi deprime un’economia devastata come la nostra.

Basta con la giustificazione dell’evasore, anzi, facciamo come gli inglesi, pubblichiamo le foto dei 20 maggiori evasori del Regno Unito, costruiamo loro una vera e propria “gogna mediatica”. L’evasore deve ridare tutto quel che ha rubato e se non può perché soldi o beni non ne ha, deve scontare la pena con lavori socialmente utili. Misericordie, Pubbliche Assistenze & co. ne hanno un gran bisogno.

Non ci sono vie intermedie. Facciamo che il bianco sia bianco ed il nero sia nero (come direbbe Jarabe de Palo).

L’Europa oggi non può aiutarci. Su questo apriremo una parentesi nelle prossime puntate.

Il galeone Italia però può farcela da solo, ammesso che il comandante segua la giusta rotta ed i vogatori remino con ritmo, coesione ed intensità senza conflitti e condividendo il sudore e la fatica.